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I Piani Urbani Integrati delle Città Metropolitane. I casi di Palermo e Genova

23/02/2022

Approfondite le situazioni di Torino e Firenze, Bari e Milano, Roma e Catania, Reggio Calabria e Cagliari, la serie di articoli sulla realizzazione dei Piani Urbani Integrati da parte delle Città Metropolitane, aperta dopo un intervento del segretario generale dell’Istituto Nazionale di Urbanistica Francesco Domenico Moccia su Napoli, prosegue con Palermo e Genova. Si tratta di un percorso previsto nell’ambito dell’applicazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza: a breve le Città Metropolitane dovranno presentare i PUI al governo. Ciascuno di essi deve prevedere un costo non inferiore a 50 milioni di euro e riguardare prioritariamente la realizzazione di infrastrutture e servizi pubblici ottenuti attraverso la riqualificazione di spazi e strutture di proprietà pubblica.

A disposizione della Città Metropolitana di Palermo ci sono 196 milioni euro di cui 50 per il capoluogo. Ignazio Vinci, componente del Consiglio direttivo della sezione Sicilia dell’Istituto Nazionale di Urbanistica, sottolinea in premessa che “tutte le funzioni e le progettualità riguardanti le Città Metropolitane in Sicilia sono piuttosto indietro rispetto al contesto nazionale, paradossalmente paralizzate dall’autonomia legislativa che la Sicilia conserva in materia di enti locali. La Regione ha infatti tentato varie volte di modificare i contenuti della Legge Delrio, con norme in alcuni casi impugnate dallo Stato, con il risultato che, di fatto, le Città Metropolitane sono ad uno stato ancora embrionale”.

“L’assenza di strumenti di pianificazione metropolitani, visto che la redazione del piano strategico è appena avviata e di quello territoriale non se ne parla - aggiunge Vinci - ha come conseguenza che la progettualità dell’ente sia una sommatoria di tante opere espresse dai Comuni, con la parte del leone svolta dalla città capoluogo. Così è stato, ad esempio, per il PON Metro ed il Piano Urbano Integrato finanziato dal PNRR non farà eccezione”.

Per il Piano Urbano Integrato della Città Metropolitana di Palermo si è creato uno staff di professionisti con il compito di aiutare l’ente ad individuare i progetti coerenti con l’impostazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. In assenza di una visione d’insieme e di una strategia, tuttavia, secondo Vinci, “si tratterà soprattutto di razionalizzare i tanti progetti ricevuti dai Comuni, i quali contano su precise dotazioni finanziarie, distribuite secondo il loro peso demografico”. Nella città di Palermo gli interventi si concentreranno in particolare sulla costa Sud, sulla falsariga di quanto già auspicato con il PON Metro. Riguarderanno la mobilità sostenibile, la riqualificazione ambientale e la rigenerazione urbana delle borgate in una delle aree più degradate della città, che comunque conserva grandi potenzialità di sviluppo.

In generale, per l’esponente di INU Sicilia, si sarebbe potuto ancorare maggiormente gli interventi del PNRR ad una logica metropolitana introducendo delle condizionalità legata alla presenza di piani o accordi progettuali di area vasta, anche se in gestazione, analogamente a quanto fatto in passato per l’erogazione dei fondi europei. Ma sappiamo, sostiene Vinci, “quanto il PNRR abbia fretta di spendere, senza guardare troppo al dettaglio…”

Situazione per molti versi analoga a Palermo è quella di Genova, dal momento che il Piano strategico della Città Metropolitana è ancora in fase di formazione e che quello territoriale è in attesa di aggiornamento o ridefinizione secondo i nuovi contenuti della legge urbanistica regionale 36/97, recentemente innovata. Ecco quindi, spiega Giampiero Lombardini, presidente di INU Liguria, che è stato utilizzato come riferimento il Piano territoriale regionale, adottato in Consiglio Regionale proprio in questi giorni, “che ha fornito un’utile ripartizione territoriale all’interno della quale sono stati prima individuati gli obiettivi e poi inserite le azioni, estratte da un portafoglio di progetti che era già a disposizione dell’Ente (in coordinamento con i Comuni, a cominciare dal capoluogo). Non si è dunque proceduto come altrove attraverso un bando ma, dati i tempi ristretti, si è scelta la strada di fare uso della concomitanza del Piano territoriale regionale che, con la sua ripartizione tra poli metropolitani, conurbazioni costiere, entroterra, ha messo sul tavolo un quadro di contesto aggiornato". 

Lombardini auspica l’approvazione del Piano strategico e del Piano territoriale da parte della Città Metropolitana: un’urgenza accentuata dall’evidenza della centralità di un’area su cui gravita quasi la metà degli abitanti di tutta la regione. INU Liguria lavorerà assieme alla Città Metropolitana per la redazione del Piano strategico: la collaborazione è stata avviata nel 2021 sulla base di una specifica convenzione. Quella sarà la sede dove far confluire anche le linee di intervento e gli indirizzi che discendono dall’Agenda 2030 metropolitana e in futuro si potranno trovare ulteriori forme di integrazione tra politiche multisettoriali.

Passando alle considerazioni sugli obiettivi, Lombardini distingue le istanze e i fabbisogni espressi dall’area del Genovesato rispetto a quelle del resto dell’area metropolitana (la parte orientale, dove insiste anche il costituendo Parco Nazionale di Portofino). Afferma che “la città capoluogo negli ultimi anni si è mossa in modo molto dinamico, con una serie importante di progetti di trasformazione urbana avviati (e, in alcuni casi, ri-attivati)”. A maggio si chiude il ciclo amministrativo di una Giunta che molto si è attivata su interventi di riqualificazione urbana e su una molteplicità di singole operazioni, accelerando procedure e lavori. Sarebbe auspicabile, afferma Lombardini, che "nella nuova fase che si aprirà si introduca un’idea che renda evidente la visione strategica territoriale di insieme, nella prospettiva di garantire il coordinamento tra le tante operazioni che si profilano all’orizzonte (a cominciare dalla radicale operazione di trasformazione del porto che avverrà a seguito della realizzazione della nuova diga foranea, che è destinata anche a cambiare la natura del delicato rapporto dell’interfaccia porto - città o, per citare un altro mega-progetto in corso di realizzazione, dall’entrata in esercizio del nuovo valico ferroviario che connetterà in modo veloce Genova con l’area padana). La somma di tanti interventi non coordinati tra loro, infatti, rischia di creare degli squilibri tra aree urbane e all’interno dell’area metropolitana stessa. Sulla parte di territorio esterna al Genovesato (ossia l’area orientale del Tigullio e del relativo entroterra) sarebbe urgente avviare un ragionamento sulle aree interne, le quali in alcuni casi soffrono problemi di abbandono e spopolamento, mentre in altri, come nell’area di retrocosta del litorale che da Portofino arriva fino a Sestri Levante, si devono affrontare problematiche diverse di riequilibrio tra conurbazione costiera e valli interne. Si tratta di un bipolarismo storico che mette in evidenza, anche in questo caso, la necessità di un disegno di insieme”.

 

Andrea Scarchilli – Ufficio stampa Istituto Nazionale di Urbanistica