INUCOMUNICA

La strada verso la rigenerazione urbana

31/01/2024

Il libro “Rigenerare il Bel Paese. La cura di un patrimonio dismesso e sconosciuto”, edito nel 2021 da Rubbettino, propone una riflessione e un’analisi dei problemi, anche culturali, che impediscono che nel nostro Paese si diffonda la pratica della rigenerazione urbana. Gli autori sono Alessandro Bianchi e Bruno Placidi. Bianchi, direttore della scuola di rigenerazione urbana sostenibile “La Fenice Urbana”, professore ordinario di urbanistica, è stato ministro dei Trasporti dal 2006 al 2008, Rettore dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria dal 1999 al 2006 e dell’Università Pegaso dal 2015 al 2019.

Il libro nasce proprio, spiega, “dall’attività didattica e di ricerca svolta dalla “Fenice Urbana” dal 2015 in poi. Il dato di partenza è che nel nostro Paese esiste un enorme patrimonio immobiliare dismesso, di genere molto variegato: si va dalle aree industriali alle caserme, dalle stazioni alle carceri, dai conventi alle case cantoniere, solo per citare alcuni esempi. Per dare l’idea delle dimensioni, parliamo di 9000 chilometri quadrati complessivi (una superficie pari a quella della Basilicata) occupati dalle aree industriali abbandonate. Le stazioni ferroviarie non più in uso sono circa 1700, gli edifici militari 5000, i complessi religiosi 20000. Si tratta un patrimonio che non svolge più la funzione originaria e costituisce quasi sempre un problema di gestione per le amministrazioni comunali”.

Un grave vulnus, prosegue Bianchi, è il deficit di informazioni: “Di questo considerevole patrimonio non si sa quasi nulla, non c’è un censimento che indichi anche la strada migliore per rigenerarlo. Nel libro lo sottolineiamo: i dati che abbiamo sono spesso il risultato di indagini empiriche. Un altro problema è costituito dalla diffusa vaghezza attorno al significato del termine rigenerazione. Viene spesso adoperato in associazione ad altri come riqualificazione, restauro, risanamento, tutti ben conosciuti, ma il punto è che per rigenerazione, mutuando dalla letteratura anglosassone, dobbiamo intendere altro: l’intervento su un oggetto urbano non più usato nella sua funzione originaria per modificare proprio questa funzione, conferendo quindi un utilizzo diverso da quello precedente. E’ molto importante precisare l’aspetto semantico, altrimenti non ci saranno mai le condizioni per fare vera rigenerazione: dalla definizione corretta discendono regole proprie e dotazioni finanziarie. Quasi tutti i disegni di legge discussi di recente in Parlamento scontano o hanno scontato il problema dell’indeterminatezza della definizione”.

Alla richiesta di sintetizzare quali siano i requisiti e gli strumenti per avviare un cambio di stagione, passare quindi dalla cultura dell’espansione a quella della rigenerazione urbana, dice: “Occorre innanzitutto una legge quadro di livello nazionale nella quale sia ricompreso un censimento nazionale dei beni dismessi e una dotazione finanziaria permanente. Dobbiamo poi fare in modo, a tutti i livelli, che la cultura della rigenerazione urbana diventi pervasiva: la città non deve più espandersi ma risolvere le sue esigenze mettendo in gioco il patrimonio abbandonato”.

Gli articoli precedenti del ciclo dell’INU sulla rigenerazione urbana riguardano Scampia e l’analisi del contesto degli Stati Uniti.

 

Andrea Scarchilli – Ufficio stampa Istituto Nazionale di Urbanistica