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A Palermo pianificazione metropolitana agli albori

30/06/2023

Dopo MilanoNapoliBolognaTorinoFirenzeBariCagliariCatania e Reggio Calabria il ciclo di articoli sullo stato dell’arte dei Piani territoriali metropolitani prosegue con Palermo. L’approfondimento lo fornisce Ignazio Vinci, componente del Consiglio direttivo della sezione Sicilia dell’Istituto Nazionale di Urbanistica. Il contesto generale è naturalmente quello già tratteggiato da Paolo La Greca nell’intervista su Catania, reso “complicato da enti metropolitani che hanno avviato le proprie attività con grande ritardo rispetto al contesto nazionale, a causa di tentativi di modificare la legge Delrio sistematicamente impugnati dal governo nazionale. Il risultato è che Palermo, come le altre Città Metropolitane siciliane, non è dotata di uno statuto metropolitano, organismi decisionali come il consiglio metropolitano non sono mai stati formati e dunque mancano ingredienti essenziali per le politiche di sviluppo e governo del territorio”. Non vi è da stupirsi, dunque, che a Palermo come a Messina e Catania manchi il Piano territoriale metropolitano, carenza che peraltro segue quella di un piano provinciale che non è mai giunto a conclusione.

“Dopo la lunga stasi – prosegue Vinci – le Città Metropolitane nella nostra regione hanno cominciato ad operare avviando la redazione dei piani strategici metropolitani. Quello di Palermo è stato presentato poche settimane addietro, redatto da un gruppo di società di consulenza capeggiato da Lattanzio. Adesso andrebbe approvato, ma come detto manca l’organo deputato a farlo, il Consiglio metropolitano”.

“L’assenza di indirizzi politici da parte del Consiglio metropolitano - continua l'esponente di INU Sicilia - si vede oltretutto nei contenuti dello stesso piano strategico, un esercizio volenteroso ma piuttosto scolastico di elencazione di temi ed obiettivi di sviluppo, senza attribuire priorità alle progettualità ed agli investimenti. Qualche elemento di interesse lo si riscontra invece nell’identificazione di alcune questioni territoriali che sono proprie dell’area metropolitana palermitana: i divari territoriali significativi in un territorio molto esteso e differenziato, dove si arriva dal mare fino alla montagna e alle aree interne, si pensi a quanto siano diversi i problemi della conurbazione di Palermo da quelli del corleonese o delle Madonie, tanto per fare un esempio. Qui sarebbe stato utile avere uno statuto attraverso cui identificare aree territoriali omogenee, indispensabili per una programmazione coerente. È un chiaro esempio di come il mancato completamento della filiera istituzionale influisca negativamente sulle capacità di pianificazione”.

“Un fattore che certamente a Palermo darà una spinta per l’entrata a regime della Città Metropolitana - sostiene Vinci - è la redazione dei Piani Urbani Integrati nel quadro del PNRR. Anche qui ci sono luci ed ombre. A differenza delle altre Città Metropolitane italiane, Palermo ha deciso di fare un solo piano integrato, costituito da 57 interventi ricadenti in 27 comuni, per un valore complessivo di 198 milioni di euro. Il piano interviene soprattutto nella riqualificazione di strutture e spazi pubblici esistenti (scuole, aree verdi, impianti sportivi), interventi che i comuni avrebbero dovuti fare nella loro programmazione ordinaria, ma che evidentemente non sono stati in grado di fare per ristrettezze economiche e di organico. La nota dolente, dunque, sta nella frammentazione degli interventi, che difficilmente garantirà un grande impatto sulle condizioni di vita in quei territori. L’unica eccezione è l’attenzione che il PUI rivolge alla costa sud di Palermo, un’area da decenni flagellata da degrado ambientale e marginalità sociale, sulla quale già il PON Metro 2014-2020 aveva posto la propria attenzione. Qui la concentrazione degli interventi, ma anche la continuità nella programmazione, vanno visti come elementi sicuramente positivi”.

Ultima questione sulle ragioni di una così evidente differenziazione, nelle diverse aree geografiche e nei diversi enti sul territorio nazionale, per quanto riguarda l’approvazione dei Piani territoriali metropolitani: “Dipende dalle capacità istituzionali. Nei contesti più avanzati, penso a Bologna e Milano, c’è una tradizione di lavoro sulla dimensione intercomunale che risale agli anni Sessanta. Il patrimonio cognitivo accumulato evidentemente dà i suoi frutti. Alcuni territori ed enti, è evidente, al momento del varo della riforma erano più pronti di altri”.

 


Andrea Scarchilli - Ufficio stampa Istituto Nazionale di Urbanistica