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Le nuove aree protette tra ambizioni e occasioni mancate. Parla Angioletta Voghera

05/05/2022

“Il tema dello sviluppo sostenibile rappresenta un punto di riferimento della cultura alla base dello sviluppo delle aree protette e dei Parchi naturali nel mondo e nel nostro Paese. Si declina nella valorizzazione dei complessi valori ambientali, culturali, sociali ed economici di cui sono portatori e nella ricerca di un collegamento tra Parco e contesto territoriale, nell’obiettivo di allargare i benefici dalla salvaguardia della natura allo sviluppo di nuove economie anche al di fuori dell’area protetta (secondo i paradigmi lanciati da IUCN nel Congresso di Durban del 2003), valorizzando il contributo delle aree protette per la 'territorializzazione' sostenibile delle politiche di tutela”. Lo sostiene Angioletta Voghera, coordinatrice della Community “Paesaggio e biodiversità” dell’Istituto Nazionale di Urbanistica, concordando con quanto espresso nella recente intervista da Giovanni Cannata, presidente del Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise, che ha individuato nell’ambizione di essere laboratori di sviluppo sostenibile la missione più attuale delle aree protette. Tanto più, prosegue Voghera, che i Parchi sono a livello internazionale “partner ufficiali e rilevanti per il raggiungimento dei 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Un compito che si assolve attraverso un’azione che sia capace di mantenere un equilibrio tra le risorse naturali e i bisogni dell’uomo”.

Anche la coordinatrice della Community dell’INU sottolinea tuttavia la necessità impellente per le aree protette di fare fronte “alla limitatezza delle risorse economiche, tanto evidente che spesso si traduce in difficoltà operative. Lo stesso Piano nazionale di ripresa e resilienza investe troppo poco nelle aree protette, che finiscono con il risultare poco valorizzate sia come laboratori di sviluppo di sostenibile che nella funzione di 'imprese' al servizio del territorio. Per potersi permettere di andare oltre il compito tradizionale di tutela della biodiversità, del paesaggio e della fruizione ed assumere un ruolo strategico per il controllo del consumo di suolo, la gestione delle vulnerabilità climatiche e ambientali e la transizione ecologica (al centro del PNRR) occorrerebbero finanziamenti maggiori. Speriamo che il PNRR possa essere un’occasione anche per i nostri Parchi, soprattutto per migliorare l’efficacia di gestione (digitalizzazione e semplificazione delle procedure)”.

Angioletta Voghera fa parte del gruppo EAGL Green List responsabile per l’Italia dell’efficacia di gestione delle aree protette nell’ambito del processo internazionale di certificazione secondo gli standard globali di “IUCN Green List”. Il processo è volto a migliorare l’efficacia di politiche e pratiche nella direzione di una gestione adattativa (Sound planning, Equitable governance, Effective management, Successful outcomes), contribuendo all’effettivo raggiungimento degli obiettivi di conservazione prefissati dall’area protetta, valorizzando l’azione di tutela della biodiversità, la partecipazione e il co-management, la capacità di pianificare, gestire a lungo termine il territorio e il paesaggio e di costruire progettualità. Il processo di valutazione, attivo dal 2019, ha finora in Italia conferito la certificazione di eccellenza a tre Parchi: del Gran Paradiso, dell’Arcipelago Toscano e delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna. In generale, rapportate al contesto internazionale, in questo campo le performance gestionali con il contributo di IUCN Italia e del processo Green List, spiega l’esponente dell’INU, potrebbero migliorare.

Dal punto di vista normativo il riferimento per le aree protette e lo spartiacque rimane la legge del 1991, visto che il percorso di confronto e approfondimento per la sua revisione si è bloccato qualche anno fa. Le proposte convergono prevalentemente su questioni legate al loro funzionamento delle aree protette. La zonizzazione prevista dalla legge è molto rigida e non mancano le esperienze di piani che hanno tentato di superarla, interpretando il dettato normativo in modo diverso, con maggiore flessibilità e anche guardando oltre i confini (riflessioni del Ced Ppn, Dist del Politecnico di Torino).

Un’ultima domanda sul dibattito, ultimamente molto acceso, attorno alle misure invocate da più parti per accelerare la realizzazione di impianti di produzione di energia rinnovabile. Per Voghera “occorre capire cosa vuole dire la transizione ecologica anche in termini di qualità del paesaggio; non si può escludere che in alcuni casi l’ecobonus possa portare persino a un miglioramento di quei territori con qualità edilizia molto limitata, attraverso azioni mirate di retrofitting. Ma la pressione è tanta, e reputo improbabile che si riesca a dare corso a una reale sorveglianza qualitativa”.

 

Andrea Scarchilli – Ufficio stampa Istituto Nazonale di Urbanistica