INUCOMUNICA

Una prima visione dei progetti del Next Generation EU italiano

16/09/2020

Simone Ombuen, 15/09/2020



Sui mezzi d’informazione sono uscite negli ultimi giorni alcune anticipazioni ufficiose relative ai progetti inseriti dalle Amministrazioni centrali nell’elenco governativo degli interventi che dovrebbero popolare la proposta italiana per il programma comunitario Next Generation EU, detto anche Recovery Fund.

Non si tratta che di un documento di lavoro, un elenco di titoli, con l’indicazione dell’Amministrazione proponente e di una indicazione in euro del costo stimato, e privo di una comprensibile organizzazione per temi o obiettivi. Centinaia di proposte, per un ammontare complessivo di 677 Mld€ a fronte di una disponibilità complessiva di 209 riconosciuta all’Italia, con un overbooking del 324%

In una sua intervista al Messaggero il ministro per gli Affari europei Enzo Amendola, che coordina la stesura della proposta italiana, si è lamentato della fuga di notizie, ed ha rivendicato le Linee guida uscite un paio di giorni fa, contenente obiettivi chiaramente ispirati al documento programmatico di orientamento prodotto dalla Commissione Europea.

L’elenco non rappresenta quindi il PNRR, ma vale comunque la pena di gettare un rapido sguardo su questo spaccato interessante della risposta delle Amministrazioni dello Stato alla sollecitazione ad esprimere progettualità per la ricapitalizzazione del Paese e il rilancio dell’economia.

Facendo ricerca per parole chiave non risultano presenti i termini periferie, disuguaglianza, squilibri, green infrastructures. La parola divario (nella sua accezione culturale) appare una sola volta ed è all’interno di una misura (140) per la salute green. La parola ritardo (rispetto alla media europea) appare solo nelle misure (462-463) per i voucher per la connettività.

La parola povertà appare in 5 progetti, tutti di welfare: 133 Servizi educativi per la prima infanzia, 141 Centri territoriali per il contrasto alla povertà sanitaria, 482 Fondo imprenditoria femminile, 844 Servizi sociali a sostegno delle capacità genitoriali e delle vulnerabilità delle famiglie, 599 Povertà educativa. 

Sviluppo sostenibile appare quattro volte: 515 economia circolare nell’agroalimentare, 637 cultura digitale nella popolazione femminile, 175 Green Communities, 203 Sport per i giovani.

Città appare in sei progetti: 311 Foreste urbane nelle città metropolitane, 313 Mobilità lenta, 322 poli di ricerca tecnologica, 455 Tech Hub per le smart Cities, 655 Case della cultura digitale, 457 5G. 

La radice clima/climatici appare in 5 progetti: 148 Sistemi sanitari, 302 Piccole isole 100% green, 510 Rete elettrica nazionale, 294 Reti tecnologiche, 331 Polo Agri-Tech. 

La parola Patrimonio (escluse le banche dati) riscontra in: 207 Digitalizzazione del P. culturale, 209 Efficientamento energetico del P., 211 messa in sicurezza sismica del P. dei luoghi di culto, 229, 234, 236 P. penitenziario, 297 e 738 P. naturale (unici dove appaiano i servizi ecosistemici), 590 Poli tecnologici, 631 Comuni minori, 714 Edifici per il culto, 866 P. rurale. 

Il Dissesto idrogeologico appare al n. 163, relativamente all'agroecosistema irriguo. 

La Transizione invece va forte; è verde, ecologica, energetica, digitale o green ai nn. 2, 167, 300, 309, 426, 440, 465, 478, 485, 497, 506, 515, 521, 522, 672, 685, 200, 202, 427, 470, 556, 657, 664, 148, 473, 605, 658, 858, 451, 481, 650, 678. 

Fortunatamente non si tratta della proposta da varare. Il processo di definizione del programma è ancora nel vivo dell’elaborazione, e Regioni e città sono chiamate ad esprimersi con loro proposte, che arricchiranno il quadro e che si spera colmino temi ed ambiti ora deboli e sguarniti. I vincoli posti dall’UE contribuiranno a definire coerenze più stringenti ed aiuteranno ad un miglior esito del “gioco della torre” nella scelta fra i progetti. Alcuni elementi significativi però emergono; nell’insieme le Amministrazioni centrali appaiono più preoccupate di riaffermare il loro posizionamento che di produrre progettualità coordinata ed integrata fra i vari settori, come pure raccomanda esplicitamente il documento di orientamento europeo, e lo stesso goal 17 degli SDGs. Appaiono poi poco considerati documenti strategici già approvati e vigenti, come ad esempio il PNIEC, che prevede un grande sforzo di efficientamento del patrimonio edilizio del quale nell’elenco dei progetti non si trova traccia. Paradossale che in un momento in cui il Governo mette in campo uno sforzo di risorse economiche come il provvedimento del 110% non vi siano proposte di politiche nazionali per governare l’intervento sul patrimonio insediativo esistente nell’orientamento della rigenerazione urbana, e si lasci l’iniziativa alla sola dimensione edilizia. Eppure il nostro punto di forza sono le città, non solo gli edifici.

C’è quindi un grande bisogno dell’azione di vigilanza sullo sviluppo del PNRR e di presidio dei temi urbani che l’INU può mettere in campo, e indispensabile è che l’Istituto presenti al Governo l’importanza dei temi urbani e territoriali. In fondo l’Europa si aspetta che l’Italia faccia l’Italia, non altro, confermando le sue qualità e i suoi punti di forza fra cui città e paesaggi, cultura dei luoghi e risorse ambientali che, nonostante decenni di diffuso malgoverno del territorio, spiccano ancora con realtà e testimonianze di valore mondiale. In Europa lo sanno bene; speriamo di ricordarcene noi, perché stavolta non avremo una seconda occasione.

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