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Montagna, dopo gli Stati Generali si cambia registro? Le riflessioni e il commento del presidente di Uncem alle dichiarazioni del ministro Boccia

31/07/2020

La pandemia, e le nuove esigenze e necessità che ha messo in evidenza, può produrre nuove opportunità per la montagna e le aree interne del nostro Paese? In questi mesi il dibattito pubblico si è molto concentrato sulla questione, che ha acquisito persino nuova centralità dopo l’esito positivo della trattativa in seno all’Unione europea sul cosiddetto Recovery Fund. Tutti stimoli raccolti dal governo, che attraverso il Ministero degli Affari regionali ha organizzato il 24 e 25 luglio scorsi a Roccaraso, in Abruzzo, gli Stati Generali della montagna. Assieme ad amministratori, imprenditori, associazioni, sono intervenuti anche tre ministri: la titolare dell’Innovazione Paola Pisano, quello della Coesione Territoriale Giuseppe Provenzano, oltre naturalmente a Francesco Boccia, ministro degli Affari regionali. Lo stesso Boccia al termine dell’evento ha spesso parole piuttosto nette nella direzione di un cambio di paradigma nella considerazione della montagna nel nostro Paese: “L'emergenza Covid-19 ha chiarito ancora una volta che alcuni diritti universali non sono negoziabili ma vengono prima dei vincoli di bilancio e lo Stato deve garantirli a tutti: salute e scuola su tutti. Reti, fibra, scuola, trasporti, punti nascita in montagna o nelle aree interne, non possono essere condizionati da un vincolo di bilancio o da un algoritmo. Tocca poi allo Stato garantire i livelli essenziali delle prestazioni e la classe politica ha il dovere di trovare le risorse, tutelando sempre prioritariamente quelle per garantire i diritti universali”.

Boccia ha parlato di “dovere di completare in tempi brevi e certi il piano di copertura nazionale con la banda larga garantendo l'accesso veloce alla rete soprattutto ai comuni logisticamente svantaggiati. Le aziende, soprattutto pubbliche devono avere ben chiaro che gli investimenti nel territorio sono fondamentali per superare le diseguaglianze, devono pensare un po' di più all'impatto sociale dei loro investimenti e alla crescita sociale del territorio. Da questo punto di vista l'esperienza di Poste Italiane nei borghi e nei piccoli comuni è un'esperienza modello. Così come è necessario che i trasporti non penalizzino le aree interne o le aree di montagna e che non vengano chiusi plessi di una scuola in un'area interna perché manca uno studente. Se necessario si cambia l'algoritmo, ma la scuola resta aperta. Il Recovery Fund ci mette a disposizione risorse che devono ridurre le diseguaglianze, tocca allo Stato decidere da dove partire con le infrastrutture, con la banda ultra larga, con gli investimenti: le aree interne, le aree di montagna, le valli, le aree a rischio spopolamento al nord come al sud sono la priorità; così come tutto il Mezzogiorno rispetto alle aree più sviluppate”.

Abbiamo chiesto a Marco Bussone, presidente dell’Unione nazionale dei comuni, comunità ed enti montani (Uncem, co – organizzatore degli Stati generali assieme al Comune di Roccaraso) di fornire una lettura delle parole del ministro Boccia, oltre che un commento rispetto agli esiti della due giorni abruzzese. Per Bussone “per la prima volta c’è stata un’iniziativa con contenuti di livello e in cui si è registrata la presenza contemporanea di personalità istituzionali e politiche, dell’accademia, del mondo delle imprese. Si è potuto ragionare assieme sul percorso di futuro e mettere a fuoco le opportunità di un sistema che sta cambiando: la montagna non è più vista come il luogo in cui vivono coloro che non sanno dove andare e non sono già scappati, ma c’è la possibilità che diventi un luogo delle opportunità”.

Agli Stati Generali il presidente di Uncem ha registrato innanzitutto la volontà e l’intendimento di concretizzare provvedimenti che già esistono: la legge sui piccoli Comuni, il testo unico forestale, la legge 221 sulla green economy. Si tratterà quindi di fornire a questi strumenti maggiori finanziamenti. Poi la cruciale partita europea: come fare in modo che la montagna italiana benefici delle risorse del Recovery Fund? A questo proposito Bussone, intervistato pochi giorni dopo la conclusione dell’evento, appare rinfrancato che le primissime riunioni del Comitato interministeriale per gli Affari europei, di fatto la cabina di regia che imposterà gli assi del piano italiano di rilancio che dovrà avvalersi dei fondi europei, “hanno confermato l’intenzione di andare a colmare le sperequazioni territoriali, il che ovviamente non può che andare a beneficio dei territori montani”. Dopo aver richiamato anche l’importanza e le opportunità che arriveranno dalla nuova programmazione europea, il ciclo 2021 – 2027, Bussone ricapitola anche quelle che sono le proposte più specifiche sostenute da Uncem, in particolare la rivitalizzazione dei borghi montani sul modello del progetto riferito a quelli alpini e nato dieci anni fa in Piemonte. Il presidente di Uncem spiega che “sia attraverso meccanismi di fondo perduto che sfruttando con intelligenza il bonus del 110 per cento, si può ridare vita a una serie di spazi abbandonati che rappresentano una grande opportunità: vi possono tornare a vivere le persone e vi si può creare impresa”. C’è poi il grande canale costituito dagli investimenti pubblici per colmare sperequazioni, ma anche la necessità di un vero e proprio ribaltamento di approccio, che già si intravede nelle dichiarazioni di Boccia. Bussone dice che occorre interrogarsi su “come generare il pagamento dei servizi ecosistemici che sono garantiti nelle aree montane. E’ il modello dei servizi da ripensare: smettiamola di riservare alla montagna solo quello che rimane, piuttosto partiamo dai territori che hanno maggiori criticità e facciamo in modo di costruire opportunità a partire dai servizi, in primo luogo il welfare, la sanità, la scuola”.

Sulla questione che riguarda gli strumenti di governo del territorio, il presidente di Uncem vede problemi anche nello smantellamento del tessuto istituzionale che ha avuto luogo negli ultimi anni (a cominciare dalle Province e dalle Comunità montane) e parla dell’esigenza “di riscrivere il testo unico degli enti locali, ma non è semplice. Occorre un atteggiamento costruttivo da parte di tutti”. Infine, occorre “aiutare i Comuni a costruire strumenti di pianificazione integrati”, per fare in modo che la pianificazione non si faccia esclusivamente sul livello del piccolo Comune. Uncem è impegnata in questa operazione, che vede nello strumento della legge 158 un riferimento importante che necessita di essere reso maggiormente “fruibile”.

 
Andrea Scarchilli - Ufficio stampa Istituto Nazionale di Urbanistica

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