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Una nuova mobilità per una nuova fase?

22/05/2020

A pochi mesi da quella che è stata ribattezzata “ripartenza” dopo la fase più aspra dell’emergenza sanitaria, l’opinione pubblica nel nostro Paese si interroga sui cambiamenti permanenti che saranno indotti dall’epidemia. Tra le molte altre cose si ragiona sull’opportunità di mettere in campo forme di mobilità alternativa, nelle nostre città e nei nostri territori, rispetto al modello che ci ha accompagnato sinora. La questione è presente anche nel documento elaborato dall’Istituto Nazionale di Urbanistica, che mette in fila proposte per il rilancio. Riguardo all’accessibilità e alla mobilità si indica ad esempio la necessità di incrementare le reti pedonale e ciclabile e l’offerta ferroviaria e di modernizzare la viabilità secondaria.

Francesco Alberti, presidente di INU Toscana, è docente di urbanistica e mobility manager all’Università di Firenze. Ritiene che "alternative su cui impostare il cambio di paradigma esistano, tanto più nel nostro Paese, che era notoriamente indietro per quanto riguarda la riorganizzazione della mobilità in chiave sostenibile”. Alberti guarda al “potenziamento della mobilità dolce e della pedonalità come aspetti su cui puntare, tanto più se si guarda alle difficoltà del trasporto pubblico. E’ vero che modalità di controllo dell’afflusso dei passeggeri ci sono e sono attuabili, ma le nostre città sono destinate a essere penalizzate, dato che scontano un sistema che già prima, in condizioni ‘normali’, era insufficiente. Il trasporto pubblico quindi è più difficile da adattare al progressivo aumento della domanda mantenendo il necessario distanziamento interpersonale”.

Scendendo nello specifico, Alberti suggerisce di concentrarsi “sui percorsi ciclabili, perché le cosiddette reti ciclabili di emergenza possono diventare anticipazioni di infrastrutture a regime, stabili. Città come Londra e Parigi hanno cominciato a realizzarle, e anche in città italiane come Milano, Roma e Firenze ci sono programmi che vanno in questa direzione. Un caso importante è quello di New York, dove già prima dell’emergenza la ciclabilità aveva visto in tempi recenti uno sviluppo significativo come forma di mobilità alternativa a quella meccanizzata, pubblica e privata. Partendo da questa situazione negli ultimi giorni, nella metropoli americana colpita dalla pandemia, si è registrato un ulteriore fortissimo incremento nell'uso della bicicletta per gli spostamenti quotidiani”.

Proseguendo nel confronto con le esperienze internazionali, il presidente di INU Toscana indica nella svedese Malmo e nella danese Copenaghen “le punte d’iceberg di un dibattito internazionale che è importante seguire per comprendere le buone pratiche, in alcuni casi replicabili o adattabili, ma sempre tenendo presente che ogni città ha struttura e peculiarità proprie. Si possono indicare anche altri esempi virtuosi per quanto riguarda la mobilità sostenibile. Penso ad Oslo, o anche a Monaco di Baviera, dove sin dagli anni Settanta del secolo scorso si è investito a favore della combinazione tra trasporto pubblico e mobilità pedonale, arrivando a totalizzare in una giornata tra il 20 e il 30 per cento degli spostamenti totali a piedi, grazie anche a politiche integrate che hanno favorito lo sviluppo di relazioni di prossimità, pur all'interno di un'area urbana di oltre un milione di persone: un esempio da studiare con attenzione, anche se le misure alla fine devono essere tagliate su misura dei diversi contesti”.

Importante naturalmente che il cambiamento sia favorito da politiche e incentivi di rango nazionale. Per Alberti “vanno bene ma non bastano gli incentivi all’acquisto delle biciclette. Penso alla necessaria revisione del codice della strada, che ancor oggi nel nostro paese appare troppo ‘car oriented’, poco sensibile alle esigenze di ciclisti e pedoni. Un contributo significativo può arrivare dalla pianificazione, laddove preveda collegamenti ciclabili a carattere metropolitano e territoriale, quindi al di fuori della dimensione urbana. Bene puntare sugli itinerari turistici, ma prestiamo attenzione anche a tutti quegli ambiti metropolitani in cui lo spostamento tramite l’automobile viene scelto perché di fatto non esistono alternative. Un buon esempio di riferimento può essere la superstrada ciclabile Firenze – Prato, che è in fase di progettazione”.

Quindi la rete va costruita anche al di fuori della dimensione urbana. In questo senso è inevitabile ragionare sulle aree interne, molto chiamate in causa in questi giorni come possibile “rifugio” rispetto a contesti urbani ad alta densità, dove il rischio di contagio è maggiore. Tutto bene, ma, dice Alberti, il nodo dei collegamenti è essenziale: “Vanno riqualificate le tratte ferroviarie cosiddette minori per rendere più accessibili le zone extra – metropolitane. Non esito a definirlo un tema nazionale, capace di dare una svolta alla strategia per le aree interne: il potenziamento del trasporto ferroviario e delle reti digitali possono insieme ridurre significativamente la 'distanza' fra centri principali e aree interne".

 

Andrea Scarchilli - Ufficio stampa Istituto Nazionale di Urbanistica