La posizione INU in merito alle proposte di assicurazione contro il rischio idrogeologico

  1. L’assicurazione di edifici e manufatti direttamente esposti al pericolo idrogeologico non elimina il danno per l’intera economia o qualità ambientale di aree molto più vaste di quelle direttamente interessate dal pericolo idraulico o idrogeologico e quindi sembrerebbe più auspicabile assumere la strada della programmazione degli interventi di messa in sicurezza del territorio ed eventualmente prevederne l’attuazione con il concorso dei privati attraverso sistemi di tassazione di scopo, da ripartire su di una platea molto più vasta di quella dei proprietari di immobili in situazioni di rischio idrogeologico diretto.
  2. Allo scopo sarebbe necessario obbligare  i Comuni a dotarsi di  mappe di rischio articolate all’interno del proprio territorio,  basate su indagini delle tre componenti del rischio (pericolosità, esposizione e vulnerabilità di quanto esposto, con  carattere sistemico, cioè considerando gli effetti indotti del danno localizzato nell’area a pericolo diretto) per individuare su chi ripartire i costi per le politiche preventive. Le mappe dovrebbero inoltre essere oggetto di azioni di tipo informativo e partecipativo: solo con un’azione culturale e politica si può immaginare di far assumere alla popolazione atteggiamenti rispettosi del corretto uso del suolo.
  3. In proposito occorre inoltre ricordare (con riferimento al complesso delle proposte del ministro Clini ed in particolare al divieto immediato di abitare in zone ad alto rischio) la scarsa efficacia di provvedimenti già vigenti, quali ad es. quelli che obbligano al  “trasferimento” degli abitati in frana (L 445/1908), scarsamente  realizzati per quanto riguarda l’effettivo abbandono delle aree a rischio. Pur essendosi individuate talvolta le nuove aree per il trasferimento, negli abitati dichiarati da trasferire la popolazione ha spesso continuato a vivere ed a lavorare, effettuando sugli immobili esistenti interventi abusivi e non legittimabili, con sicuro peggioramento delle condizioni di sicurezza. Allo scopo occorre quindi che le decisioni sulle zone a rischio più elevato siano chiaramente ascritte alle funzioni regionali (con ciò anche supportando  l’ente comunale nell’assunzione di decisioni impopolari) e che siano comunque  inserite correttamente all’interno della pianificazione comunale e sovraordinata, a cui si possono collegare anche forme di partecipazione. Occorre poi che la pianificazione stabilisca anche che fare nelle aree e negli immobili soggetti a pericolo idrogeologico elevato: queste non possono diventare aree di “non pianificazione”, specialmente, come spesso capita, se in tali aree vi siano abitati ed immobili di alto valore storico-architettonico o testimoniale o comunque paesaggistico. Come altrimenti contemperare la tutela delle due tipologie di interesse generale?
  4. L’assicurazione degli immobili contro il rischio idrogeologico deve comunque essere intesa come complementare e non sostitutiva delle politiche nazionali e locali di prevenzione, unico vero strumento per la riduzione dei costi pubblici derivanti da danni da frane, esondazioni, ecc. Una volta esteso il regime assicurativo per il rischio idrogeologico,  saranno le stesse assicurazioni a chiedere politiche urbanistiche  ed interventi infrastrutturali tesi alla complessiva riduzione del rischio, al fine di limitare la propria esposizione in caso di eventi disastrosi: questo potrebbe essere il risvolto positivo dell’assicurazione contro i rischi, che vede comunque un ruolo complementare dello Stato e delle autonomie locali.
    Si condivide infine quanto evidenziato dal Ministro circa il patto di stabilità.

 

A cura del Gruppo di Lavoro INU Vulnerabilità sismica urbana e pianificazione

Roma, 7 dicembre 2012

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