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La candidatura di Ivrea a patrimonio mondiale Unesco. La possibilità di una nuova prospettiva

30/12/2014

C’è un’alleanza tra l’industria e la cultura urbanistica e architettonica, si potrebbe dire, alla base della candidatura di “Ivrea Città Industriale del XX Secolo” a patrimonio mondiale Unesco. Un’alleanza che ha reso la sperimentazione pioneristica nella città piemontese la realizzazione di un’utopia, nello stile di Adriano Olivetti, l’industriale più di tutti identificato dall’idea e della convinzione del possibile matrimonio tra qualità della vita e innovazione nei luoghi produttivi. 

A metà dicembre a Ivrea la Fondazione Adriano Olivetti ha presentato, con il sito web e altre iniziative connesse, la volata finale all’ottenimento del prestigioso riconoscimento. Il dossier sarà consegnato entro febbraio 2016, il comitato è composto tra gli altri dal Comune e della Fondazione, che nel 2008 ha inaugurato il percorso. Il Ministero dei Beni culturali ha motivato così il suo sostegno: “La proposta rappresenta la prima iniziativa italiana riguardante il patrimonio di architettura moderna, in questo caso arricchita da un progetto industriale di fama e di estensione mondiale e caratterizzato da una altissima sperimentazione ed innovazione”.

L’Italia è la nazione detentrice del maggior numero di siti Unesco, 50. Di questi, esclusi naturalmente i naturali, tutti quelli culturali hanno una connotazione storica ben diversa da quella di Ivrea, con un respiro che risale a secoli fa: per citarne solo alcuni, ci sono i centri storici di Napoli, Roma, Firenze, Siena e Urbino, i Sassi di Matera, l’Area archeologica di Agrigento, i Trulli di Alberobello, Venezia e la sua Laguna. Con il via libera al riconoscimento di Ivrea, si andrebbe ad arricchire la lista non solo di un altro sito, ma perfino di una nuova prospettiva.

Lo spiega Carlo Alberto Barbieri, presidente della sezione piemontese dell’Istituto Nazionale di Urbanistica e tra i progettisti (assieme a Federico Oliva e Giuseppe Campos Venuti) del Piano regolatore di Ivrea, entrato in vigore nel 2006: “Dare questo riconoscimento alle architetture e al sistema insediativo olivettiano vorrebbe dire aprire questo mondo all’urbanistica. C’è molta urbanistica nel progetto di Olivetti, e non a caso lui ha fatto per diversi anni il presidente dell’Inu. La sua idea era che la fabbrica dovesse farsi motore dello sviluppo della comunità e di territorio”. Costituendo così un legame fortissimo: tra fabbrica, comunità e territorio, appunto, e da ultimo con il sistema insediativo. L’Inu ha motivato così, all’indomani della presentazione dell’ultimo tratto di strada del percorso della candidatura, il suo rinnovato supporto: “Il progetto di Olivetti è riuscito a tenere assieme in un sistema virtuoso valori centrali come la dignità del lavoro, lo sviluppo della società, la qualità della vita e del contesto economico di riferimento, utilizzando la buona urbanistica come strumento pioneristico e visionario”.

Si andrebbero a premiare dunque non solo la bellezza, l’armonia e il valore di un sito “fisico”, ma anche la nobiltà di un’idea e della sua realizzazione, attraverso l’urbanistica. Cuore della candidatura di Ivrea è infatti l’insieme delle realizzazioni collegate al progetto industriale e socioculturale di Adriano Olivetti. Consiste in un complesso di edifici progettato dai più famosi architetti ed urbanisti italiani del Novecento. E’ un’area che si trova in larga parte lungo l’asse di Corso Jervis, dove avevano sede gli edifici per la produzione, per i servizi sociali destinati alla fabbrica e alla città e per le residenze.

Dice Mario Piccinini, che ha curato il libro “Adriano Olivetti: il lascito, Urbanistica, Architettura, Design e Industria”, pubblicato da Inu edizioni e giunto alla seconda edizione, che si tratterebbe “di una consacrazione legittima, una bellezza nuova raggiunta attraverso l’urbanistica e la cultura industriale: è la fabbrica che si apre alla città”.