INUCOMUNICA

L’orizzonte della Città di Genere

22/02/2024

Il ritardo del nostro Paese nella qualità delle azioni e nelle infrastrutture materiali e immateriali indispensabili per garantire le esigenze e i diritti delle donne è circostanza tristemente nota, che si riscontra anche nell’ambito della pianificazione e progettazione urbana e territoriale. Per contribuire a colmare questa lacuna è nato il Master di secondo livello “Città di Genere. Metodi e tecniche di pianificazione e progettazione urbana e territoriale”. Giunto alla seconda edizione, è incardinato all’Università di Firenze e svolto in collaborazione con numerosi altri atenei italiani e con il Consiglio Nazionale delle Ricerche. L'Istituto Nazionale di Urbanistica lo patrocina. Le lezioni, che si tengono a Firenze e Prato, e a distanza, cominceranno il primo marzo con un seminario aperto a tutta la popolazione. La coordinatrice è Daniela Poli. Sottolinea tra le motivazioni quella di “diffondere la cultura dell’equità di genere e della progettazione gender-sensitive in ambito urbano e territoriale, in un contesto come quello italiano dove è necessario recuperare terreno. Ci sono buone pratiche da cui prendere spunto, a cominciare dai Paesi europei: da citare i casi di Vienna, Barcellona, Umea, dove gli uffici urbanistici municipali sono attrezzati a gestire la progettazione gender sensitive”. 

Il Master “Città di Genere” è l’unico a livello nazionale che si occupa di questo tema, una circostanza, spiega Poli, da cui non può che scaturire un portato di responsabilità: “E’ per questo che abbiamo coinvolto molti partner, e diverse esperienze su tutto il territorio nazionale. Vogliamo che chi partecipa acquisisca grazie al percorso didattico oltre ad un bagaglio culturale solido un vero e proprio profilo tecnico che oltre a fargli conoscere gli strumenti a disposizione gli permetta di utilizzarli sul campo”.

La pianificazione e la progettazione di genere riguarda diversi ambiti indispensabili per il buon governo delle città e dei territori. La coordinatrice avanza l’esempio della mobilità, che generalmente nella sua organizzazione è tagliata sulle esigenze degli uomini che hanno spesso pochi carichi di cura. Le donne, al contrario, devono fare i conti con molti di questi. Le esigenze dei figli, e non solo. Bisogna quindi far sì che ci siano forme di mobilità integrate con gli orari dei servizi, meglio tarate su necessità di movimento che si svolgono in maniera reticolare su aree più ristrette.

Poi la questione dell’occupazione: “Le donne, specialmente in Italia, hanno rispetto agli uomini meno accesso al lavoro. La pianificazione e la progettazione gender sensitive è strategica nel mettere in luce il gap e nel cercare forme di superamento del divario. Alcuni strumenti già vanno già in quella direzione come i bilanci o i piani per la parità di genere o più in generale quelle azioni che si indirizzano verso la costruzione di un nuovo contesto culturale, in cui la cura per le persone, per l’ambiente, per la comunità diventa un orizzonte condiviso. Bisogna far sì che i servizi da erogare alle donne, e non solo, non siano astratti, ma coinvolgano le pratiche sociali. La coprogettazione fra cittadini e amministrazione è in questo senso strategica. Pensiamo allo spazio pubblico, che molto spesso non è realizzato in maniera tale da prevedere l’accoglienza di tutti. Per fare alcuni esempi semplici e banali: i marciapiedi devono essere percorribili anche dai passeggini, le fontanelle presenti e funzionanti, i bagni pubblici accessibili, i luoghi vissuti per non far percepire insicurezza”. La progettazione di genere alla fine costruisce contesti di vita più adatti e confortevoli per tutti. 

 

Andrea Scarchilli - Ufficio stampa Istituto Nazionale di Urbanistica