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L’Aquila capitale della cultura 2026. Le basi del progetto e del successo

20/03/2024

Sarà L’Aquila la capitale della cultura italiana nel 2026. L’annuncio c'è stato nei giorni scorsi, e ha avuto una vasta eco anche per la rilevanza simbolica di un’opportunità che arriva a quindici anni dal terremoto che ha sconvolto e segnato una cesura nella vita di una comunità.

Alessandro Crociata, professore ordinario presso l'Università di Chieti - Pescara dove insegna economia delle industrie culturali e creative, direttore della candidatura dell’Aquila, ricorda che il percorso “è iniziato nel 2019, quando un primo nostro tentativo, pur risultando tra i finalisti, non ottenne il successo finale. Si è trattato comunque di un importante avvio, perché di fatto il nostro lavoro da allora non si è mai fermato. E’ nato un osservatorio culturale che opera non solo e non tanto come centro studi ma come occasione di valorizzazione dell’ecosistema urbano organizzando anche momenti di raccolta e condivisione di idee con la cittadinanza. Abbiamo poi tra le altre cose formato una summer school che opera nella formazione culturale”.

Il professor Crociata sottolinea che l’impegno coordinato dal Comune e tra gli altri dal Gran Sasso Science Institute è costruito in sinergia con le aree interne: L’Aquila come riferimento di un vasto territorio dell’entroterra. Il dossier che ha ottenuto il riconoscimento e che dovrà essere realizzato nel 2026 presenta questa caratteristica peculiare, oltre a quella della complessità: si intitola “L’Aquila città multiverso” e “punta a valorizzare il sistema culturale aquilano e delle sue aree interne su quattro dimensioni: il benessere e la salute, la coesione sociale, l’innovazione e infine la sostenibilità ambientale. Il programma riconosce la complessità e la multidimensionalità della città e vuole attivare un modello di sviluppo a base culturale. L’approccio si pone l’obiettivo di superare le visioni stereotipate che spesso presentano le città e i territori attraverso la lente di un’unica dimensione: città del vino, città della ceramica, eccetera”.

Il direttore della candidatura dell’Aquila dice invece che “il nostro lavoro riconosce una città e allo stesso tempo tante città. L’Aquila non è solo la città della conoscenza, della cultura, del verde, è queste città e altre, insieme. Questa visione in termini concreti comporterà l’attivazione di un percorso che prenderà in considerazione le più svariate forme di arte e di modalità espressive, l’impatto delle nuove tecnologie applicate alla cultura e il carattere intemporale della cultura: tutelare le proprie radici e allo stesso tempo coinvolgere le nuove generazioni”.

Con la presentazione del dossier si è chiusa una fase di tipo programmatorio, adesso, dopo un momento di riorganizzazione, partirà l’attuazione con la costruzione della governance e la stesura del piano operativo.

“Nel 2026 – chiarisce Crociata - non ci sarà semplicemente un programma artistico nel territorio, piuttosto si creerà un unico grande laboratorio di innovazione sociale che comprenderà produzioni artistiche e culturali e allo stesso tempo scuole di formazione, workshop e laboratori di co - creazione a cui parteciperà la comunità. A noi piace parlare di progetti culturali piuttosto che di eventi culturali”.

Alla base c’è una lettura precisa del rapporto tra città e cultura: “La città è una configurazione di elementi di fondo, come le piazze, le vie, i teatri, attraverso i quali si realizzano i movimenti di flusso, le persone che si muovono nello spazio. Nei progetti culturali chi partecipa si muove nello spazio, si tratta di una marea di elementi di flusso che si muovono per dare vitalità. L’obiettivo di fondo è fare sì che tutto ciò non sia effimero, la legacy è fondamentale: vogliamo far capire come attraverso la cultura è possibile attivare percorsi di sviluppo. Non si tratta di un modello orientato allo sfruttamento di una rendita di posizione e al mero consumo culturale”.

 

 

Andrea Scarchilli – Ufficio stampa Istituto Nazionale di Urbanistica