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L’Aquila 14 anni dopo, un bilancio. Parla Pierluigi Properzi

13/04/2023

Nei giorni scorsi il quattordicesimo anniversario del terremoto che distrusse L’Aquila è stato come di consueto sui media l’occasione per un bilancio sullo stato dell’arte della ricostruzione, tracciato privilegiando come sempre il punto di vista edilizio, sottolineando cioè lo stato di avanzamento del recupero del patrimonio pubblico e privato. Con Pierluigi Properzi, curatore del Rapporto dal Territorio dell’Istituto Nazionale di Urbanistica, c’è l’opportunità per fare una riflessione più complessiva.

Properzi, aquilano, era vicepresidente dell’INU al momento del sisma. Coordinò da subito un impegno culturale e tecnico massiccio dell’Istituto: venne in poco tempo redatto un Manifesto degli urbanisti, fu organizzato un ciclo di otto workshop, a cui parteciparono circa 150 esponenti della cultura nazionale, coronato da un forum i cui risultati sono sistematizzati in un Libro Bianco nel quale sono affrontati i temi della ricostruzione. L’INU ha in seguito ha stipulato con il Comune dell’Aquila un accordo per dare vita all’Urban Center. Successivamente è stato costituito con Ancsa un laboratorio (Lauraq) che ha seguito fino ad oggi i lavori della ricostruzione effettuando nel 2011 e nel 2014 una serie di atelier progettuali ai quali hanno partecipato oltre 80 ricercatori nazionali e internazionali. 

Oggi, anche alla luce e in relazione a questo importante lavoro di studio e approfondimento, Properzi individua “come primo punto critico il fatto che le discipline della terra* non erano, e non sono, preparate ad affrontare il tema dell’emergenza e soprattutto ad affrontarlo in modo coordinato. Ognuna si presentò all’appello con il proprio statuto disciplinare, con quanto acquisito in un contesto per così dire di pace. L’emergenza invece poneva e pone l’esigenza di un coordinamento sostanziale e la disponibilità ad aprirsi alle altre discipline. Di contro non fu possibile trovare un raccordo con la politica, che non ci fu. La colpa non è unilaterale perché la politica stessa tende a fare a meno di un apporto di tipo conoscitivo, deve prendere decisioni in tempi molto rapidi. Quando reclamai con l’allora Capo della Protezione Civile Guido Bertolaso il ruolo del piano nel processo di ricostruzione questi mi rispose che non si poteva perdere tempo con l’accademia”.

Passando a una lettura più generale del percorso della ricostruzione, Properzi aggiunge: “Ci sono state due fasi. Nella prima Gaetano Fontana è stato il Direttore della Struttura Tecnica di Missione. Aprì il processo a tutte le componenti, anche accademiche e culturali. Quel tentativo trovò un limite sostanziale proprio nell’urbanistica, che non era pronta a sperimentare strumenti adatti all’emergenza. Il Piano di Ricostruzione, cardine della stagione Fontana, è stato un ibrido tra la pianificazione ordinaria e lo strumento ‘non prescrittivo’ ma solo strategico: le Amministrazioni comunali non erano preparate a una produzione di carattere strategico e i Piani di Ricostruzione sono quindi serviti a poco”. La fase successiva, con Fabrizio Barca ministro della Coesione territoriale, “è stata ulteriormente riduttiva, i Piani di Ricostruzione sono stati utilizzati solo per ricavare gli importi e programmare le spese”.

Un altro problema, dice il rappresentante dell’Istituto Nazionale di Urbanistica, è che “le Amministrazioni non sono riuscite a integrarsi con le strutture tecniche di missione e con il lavoro commissariale rivendicando un’autonomia che non ha giovato: questo è accaduto specialmente con il Comune dell’Aquila”.

In prospettiva Properzi vede, partendo dall’esperienza dell’Aquila, “due potenzialità, ovvero una necessaria evoluzione degli strumenti disciplinari e la costituzione di una governance ben temperata. Oggi la situazione è evoluta, ci sono nel frattempo stati altri terremoti, in particolare quello del Centro Italia ha ripreso strumenti affinati nel sisma aquilano adattandoli in una prospettiva più efficace. Il sistema della governance qui ha funzionato di più anche per la capacità del commissario Legnini. L’INU è stato chiamato a fornire un’attività di supporto alla Struttura tecnica di missione e, partendo dall’esperienza del Lauraq, ha coinvolto le quattro sezioni regionali interessate direttamente interessate nella elaborazione di Indirizzi e di Linee Guida per le attività delle Amministrazioni locali”.

Il cammino nel capoluogo abruzzese è tutt’altro che concluso: “Ci troviamo di fronte a una ricostruzione privata al 90 per cento mentre quella pubblica è al 37. Le Amministrazioni sono state incapaci di utilizzare gli strumenti dell’appalto pubblico in condizioni di emergenza. Sarebbe stata necessaria una centrale unica di appalto, ma non andava bene ai Comuni che si sarebbero sentiti espropriati. Non considerare la parte pubblica trainante (a partire dal centro storico) ha prodotto effetti negativi soprattutto all’Aquila dove oggi manca l’armatura urbana, con conseguenze molto negative sulla ripresa sociale. Questo rende molto difficile non solo la Ricostruzione, vista l’assenza di indirizzi per gli operatori che non sono in grado di costruire scenari ai quali riferire le proprie iniziative. Non dobbiamo scambiare una situazione economica oggi di buon livello all’Aquila con la ripresa economica. La prima deriva dal fatto che sono arrivati venti miliardi che almeno in parte hanno interessato l’economia territoriale ma la verità è che non c’è stata una politica di orientamento delle risorse nel sistema locale. Si è costituita nel post – terremoto una classe dirigente caratterizzata da operatori che hanno cavalcato l’economia della ricostruzione senza poter reimpiegare gli utili sul territorio e dai decisori che hanno mostrato maggiore disponibilità verso la richiesta di una riconoscibilità da parte di questi soggetti emergenti”.

 

 

Andrea Scarchilli – Ufficio stampa Istituto Nazionale di Urbanistica

 

*Disponibile lo schema delle attività prodotte dalle discipline della terra dal 2009 al 2014