INUCOMUNICA

Il pensiero dell’INU sulle disposizioni urgenti per il riordino della protezione civile e in particolar modo sul nodo dell’assicurazione volontaria (DL 15 maggio 2012, n. 59)

28/05/2012

L’assicurazione  contro i rischi da terremoto, periodicamente proposta in passato da più governi, senza effetto, è in linea generale auspicabile, perché l’attuale situazione di risarcimento statale dei danni sismici non fornisce giusti stimoli alle politiche di prevenzione e alle buone pratiche costruttive per limitare i danni.

L’assicurazione degli immobili abitativi privati non significa tuttavia, come potrebbero far pensare alcune delle espressioni usate nell’art. 2 del decreto- legge n. 59/2012, l’esclusione dell’impegno statale per i danni  derivanti dall’azione sismica: alla limitata capacità di risorse che i riassicuratori internazionali[1] possono mettere a diposizione per questa tipologia di rischio nel nostro paese si aggiunge una possibile «insolvenza del sistema nel caso dovesse capitare un rarissimo evento che arrechi un danno superiore alla capacità effettiva del sistema stesso». Il problema in altri stati è stato risolto con la costituzione di un riassicuratore pubblico che oltre a fornire capacità, «a fronte del pagamento di un premio, possiede la garanzia illimitata di ultima istanza da parte dello Stato»[2]E’ quindi evidente che per i rischi sismici deve essere preferito anche nel nostro paese  un sistema almeno misto pubblico-privato.

La sperimentazione su base volontaria proposta all’art. 2 del decreto, a meno di incentivi fiscali molto appetibili, rischia di essere poco significativa ai fini della riduzione della vulnerabilità diffusa, ma anche ai fini dell’allargamento effettivo della quantità di immobili assicurati o ai fini della diffusione dell’assicurazione nelle zone a medio-bassa sismicità: i due ultimi obiettivi sono necessari per raggiungere una massa sufficiente di risorse, solitamente  ottenibile  con l’assicurazione obbligatoria, tuttavia oggi improponibile per l’attuale situazione dell’economia  e per il livello di tassazione degli immobili già esistente.

La regolamentazione  prevista al comma 2 dell’art. 2 del DL 59/2012 (sebbene, come già detto, appaia condivisibile l’introduzione di un regime assicurativo  presente  in altre nazioni a forte o anche a meno forte sismicità),  appare condizionata da alcuni  aspetti  tecnici e attuativi che debbono essere  valutati con attenzione. Tra questi:

  1. 1.       L’assicurazione degli immobili privati contro il rischio sismico è un’azione che dovrebbe essere intesa come complementare e non sostitutiva delle politiche nazionali e locali di prevenzione sismica, unico vero strumento per la riduzione dei costi pubblici derivanti da danni sismici. Le attuali politiche di prevenzione, coerentemente all’impostazione delle NTC nazionali e  delle Ordinanze della Protezione civile, impongono infatti una tutela mirata a una serie di edifici strategici in emergenza o sensibili per affollamento e ad una serie di manufatti il cui danneggiamento avrebbe effetti molto rilevanti mentre lasciano in secondo piano la riduzione della vulnerabilità dell’edilizia privata, a cui solo con la recentissima ordinanza 4007/2012 si dedicano alcune risorse e soltanto nel caso in cui  la sicurezza degli edifici privati sia collegata a quella del sistema di emergenza. Deve essere inoltre evidente che, una volta esteso il regime assicurativo per il rischio sismico,  saranno le stesse assicurazioni a sollecitare l’assunzione, da parte dello Stato e degli enti locali, di politiche di prevenzione sismica edilizia  ed urbanistica tese alla complessiva riduzione del rischio, al fine di limitare la propria esposizione in caso di eventi disastrosi: questo potrebbe essere un altro risvolto positivo dell’assicurazione contro i rischi, che vede comunque un ruolo dello Stato e delle autonomie locali

 

  1. 2.       La focalizzazione dell’attenzione sull’assicurazione degli immobili privati ad uso residenziale non deve far pensare che per ridurre il rischio basti ridurre la vulnerabilità dell’insieme degli edifici (politica di alto costo e di lungo periodo). Tutti  i metodi di approccio urbanistico alla prevenzione sismica evidenziano l’importanza di prevenire con politiche selettive  il danno funzionale urbano, sia dei sistemi per l’emergenza sia dei sistemi che assicurano la qualità urbana.  Il danno funzionale si riduce quindi con interventi preventivi su attrezzature pubbliche, infrastrutture, spazi pubblici, edifici rilevanti per l’economia locale e per i valori identitari delle comunità ed anche intervenendo sull’organizzazione dei sistemi funzionali, interventi pianificabili con opportune politiche di governo del territorio .  Le politiche di prevenzione pubbliche nazionali e locali continuano dunque a essere l’indispensabile quadro per le politiche assicurative.

 

  1. 3.       La regolamentazione tecnica prevista all’art.2 del Decreto 59/2012 non deve penalizzare con premi più elevati  le macroaree a maggior pericolosità (es. zone sismiche 1 e  2) perché ciò significherebbe favorire l’abbandono degli insediamenti esistenti in queste aree, nati prima di qualsiasi normativa sismica e patrimonio del sistema insediativo, economico  e culturale della nazione. Occorrono pertanto prezzi stabiliti con criteri di mutualità o di solidarietà territoriale, per cui chi ha la fortuna di vivere in un territorio sicuro contribuirebbe ad alleviare i danni di chi è in zone a maggior pericolosità. Occorrerebbero però in tal caso accorgimenti tecnici  e fondi perequativi territoriali per le imprese di assicurazione e comunque un’ampia diffusione dell’assicurazione anche in zone non altamente rischiose, diffusione  perseguibile solo con l’obbligatorietà. Diverso potrebbe essere il caso in cui i comuni possedessero mappe di rischio articolate all’interno del proprio territorio e basate su indagini delle tre componenti del rischio (pericolosità, anche locale,  esposizione e vulnerabilità di determinati insiemi di edifici): differenziare il premio in rapporto alla rischiosità di queste limitate sub-aree  potrebbe rendere meno appetibile l’insediamento nelle aree meno idonee (es. area alluvionabili o, per quanto riguarda la pericolosità sismica, le aree, tristemente famose in questi giorni, soggette a pericolo di liquefazione dei terreni) contribuendo, di fatto, alla prevenzione. Sono però pochissime le mappe di questo tipo esistenti nei comuni: le politiche di prevenzione devono incentivarne la definizione.
  2. 4.       Sembrerebbe invece giusto, come affermato nelle analisi degli assicuratori,  differenziare il prezzo per tipologia costruttiva, ma occorre considerare in modo diverso il patrimonio di recente costruzione e quello più datatoA meno di non utilizzare classificazioni abbastanza grossolane e poco significative per l’ingegneria sismica, come da alcuni proposto,  (es. c.a. e muratura), va tenuto presente che per le nuove costruzioni è relativamente  facile certificare i livelli di protezione sismica secondo la normativa (esistono un certificato di conformità o un certificato di collaudo depositati presso la PA) mentre per le costruzioni residenziali esistenti i livelli di protezione sismica sono conosciuti solo nel caso siano stati recentemente effettuati interventi di trasformazione edilizia comportanti obbligo di miglioramento o adeguamento sismico. Nella regolamentazione occorre evitare di accollare al privato anche  l’oneroso obbligo di verifica sismica, che, ad es.,  molte amministrazioni pubbliche devono ancora soddisfare a quasi dieci  anni dall’emanazione dell’Ordinanza 3274/2003. Nel caso del patrimonio esistente sarebbe più accettabile  differenziare  il premio non in base alle caratteristiche dell’immobile, ma in base agli interventi antisismici eseguiti, ricordando tuttavia che le attuali NTC consentono, nel caso di interventi di miglioramento o di riparazioni locali, di accettare per la costruzione livelli di sicurezza percentualmente molto inferiori a quelli delle nuove costruzioni, per cui può restare un elevato rischio, non tanto di perdita di vite umane, quanto di forte danneggiamento dell’immobile. In questi casi, per non penalizzare con un premio più alto chi ha comunque cercato di effettuare gli interventi antisismici possibili (tenuto conto delle caratteristiche di partenza e dei vincoli degli immobili) potrebbe essere auspicabile l’intervento compensativo dello Stato.
  3. 5.       Occorre evitare soprattutto che un maggior costo dell’assicurazione per  il patrimonio edilizio esistente  più datato comporti una svalutazione del patrimonio edilizio storico (di valore architettonico o di valore testimoniale), che vogliamo invece conservare e valorizzare, secondo il Codice dei Beni Culturali e che è possibile salvaguardare anche sismicamente, con opportuni accorgimenti. Occorre inoltre segnalare che  l’indennizzo commisurato al prezzo di ricostruzione, assunto a base delle macrostime economiche che hanno fin qui prodotto le assicurazioni (vedi ad es. studio di cui alla nota 2), potrebbe essere significativamente insufficiente (e quindi non appetibile per l’assicurato)  nel caso di delicati interventi di riparazione o ricostruzione nel contesto degli insediamenti storici, con difficile cantierabilità e necessità di uso di tecniche costruttive non ordinarie. Anche qui sarebbe auspicabile un intervento integrativo pubblico.

 

  1. 6.       Va poi rimarcato che l’assicurazione da rischio terremoto, per le disposizioni della NTC, dovrebbe essere riferita non tanto alla singola abitazione, quanto al fabbricato e in molti casi dovrebbe essere un’assicurazione condominiale. Nei casi poi di fabbricati aggregati ad altri e strutturalmente interagenti occorrerebbe anche studiare forme di assicurazione consortile, onde prevenire contenziosi per eventuali danni sismici aumentati dalle caratteristiche dei fabbricati adiacenti a quello assicurato.

 

  1. 7.       Un ultimo punto: andrebbe attentamente valutato se il premio collegato  al livello di  conformità della costruzione alla normativa sismica, nel caso delle nuove costruzioni o di interventi di miglioramento o adeguamento,  potesse alleggerire la pubblica amministrazione dall’obbligo di autorizzazione preventiva sistematica delle relative pratiche edilizie (autorizzazione che ha ormai raggiunto oneri per la pubblica amministrazione e spese istruttorie per il privato non indifferenti, senza contare la lunghezza dei tempi istruttori, che ha effetti depressivi sull’economia). Si  esalterebbe il ruolo e la responsabilità del professionista che assevera la conformità alla normativa sismica; il professionista asseverante avrebbe interesse a dichiarare i reali requisiti sismici, perché il committente sarebbe altrimenti penalizzato dall’assicurazione in caso di evento sismico e potrebbe rifarsi sul professionista.

 

Infine alcune sottolineature degli altri contenuti del DL 59/2012 che l’Inu valuta molto positivamente:

 

  1. A.   Il deciso ridimensionamento dei poteri speciali della protezione civile (a partire dal ruolo del commissario)
  2. B.    la temporalità non-illimitata dello stato di emergenza

C. l’dea di favorire e accompagnare il processo di trasferimento delle competenze attribuite in fase di emergenza all’interno dei processi di gestione ordinaria, fino al coinvolgimento delle Regioni.

  1. D.   le Ordinanze in deroga alle disposizioni vigenti sono emanate dal Capo della Protezione civile, previa intesa con le regioni territorialmente interessate, e non dal Presidente del Consiglio dei Ministri, ne viene specificato il contenuto e se ne sancisce l’efficacia dopo 20 giorni dall’emanazione. Per attuare le ordinanze ci si serve del Servizio nazionale della protezione civile e dei commissari delegati.

 

Rimane negativa per l’INU invece  l’idea di legare ancora la questione del finanziamento all’accisa sui carburanti che rimanda alla “straordinarietà” (tassa speciale) e non all’ordinarietà a cui si potrebbe/dovrebbe legare la prevenzione.

 

A cura del Gruppo di Lavoro INU Vulnerabilità sismica urbana e pianificazione

 

Roma, 25 maggio 2012