INUCOMUNICA

Fabrizio Mangoni di Santo Stefano, il ricordo del segretario generale dell'INU Moccia

18/07/2023

di Francesco Domenico Moccia

Sabato 15 luglio ci ha lasciato Fabrizio Mangoni. Membro del Consiglio direttivo nazionale dell'INU dal 1992 al 2011, è stato Presidente della sezione Campania negli anni della ricostruzione post-sismica, succedendo a Eirene Sbriziolo e Paride Caputi, quando le giunte Bassolino e Jervolino facevano parlare di un Rinascimento Napoletano. Nel grande programma di Edilizia Residenziale Pubblica e poi nelle azioni di recupero della città storica l’INU non ebbe affatto un ruolo marginale sia con l’assessorato di Vezio de Lucia e con “i ragazzi del piano”, l’ufficio urbanistico del Comune di Napoli guidato da Roberto Giannì.

In questa congerie si consolidò la sua reputazione di urbanista che lo rese riferimento affidabile del governo locale e regionale. Il suo approccio riformista si era formato come allievo e poi collaboratore di Marcello Vittorini per consolidarsi come stabile presenza all’Università dopo aver collaborato con U. Cardarelli e S. Dal Piaz. Poteva così offrire, insieme alla competenza tecnica, un pragmatismo dialogante. Infatti, nella sua visione ottimistica della vita, c’era sempre un modo di superare i conflitti sulla via del progresso. Con questa sensibilità era in grado di scrutare nei processi reali le insidie e cercare i modi di confrontarsi con le maggiori criticità.

Il suo percorso era animato da una grande curiosità intellettuale che lo portava a esplorare i territori marginali e innovativi dell’urbanistica, ricevendone, in cambio, da parte dei conservatori e dogmatici l’emarginazione dalla disciplina. Fabrizio non se ne è dato mai gran pena perché si alimentava della passione per il suo lavoro e dalla qualità dei risultati.

La prima di queste “derive” fu alimentata dalle politiche di sviluppo e seguì i percorsi della pianificazione strategica. Numerosi furono i suoi lavori in questo campo, ma quello che gli permise di sviluppare meglio un suo pensiero originale derivò dall’impegno nell’agenzia di sviluppo locale dell’area vesuviana costiera, quando integrò la valutazione delle alternative nel processo decisionale. Ne vediamo i frutti nel suo apporto al Piano Territoriale Regionale della Campania, coordinato da Attilio Belli, nella parte che si occupa dei sistemi territoriali di sviluppo.

Un'altra sua grande passione era la comunicazione, un mondo che aveva scoperto a seguito della pubblicazione del libro Dolcipersone grazie al quale partecipò alle trasmissioni televisive “Di che pasta sei” con Raffaella Carrà e “Scrupoli” con Enza Sampò. Questa passione parallela per cui aveva allestito lo straordinario spettacolo sul babà, stava occupando anche le sue ultime giornate con la tragica storia di un cuoco napoletano Teofilo Barla. Tuttavia, erano esperienze delle tecnologie multimediali che si riversavano sulla comunicazione dei piani urbanistici (tra gli ultimi quello del PUC di Pollica, quasi uno spettacolo – con la collaborazione tecnica di Francesco Amodio e Roberto Musumeci). Mangoni è stato tra i pochi urbanisti italiani veramente esperto in questo settore. Aveva denominato musei parlanti le installazioni multimediali maggior approdo del suo sapere. Tra essi, quello che maggiormente ci tocca è il Museo del Suolo di Pertosa, progettato con il pedologo Fabio Terribile.

Con la sua presidenza, la Sezione intraprende il suo percorso di crescita cercando di associare nei tre pilastri: pubblica amministrazione, professione, università. Fondamentale è il ruolo di ponte che fa personalmente con il CDN dove la sua personalità poliedrica e vivace alimenta le discussioni sempre nella direzione riformista. Già allora avvertiva il pericolo che l’INU potesse allontanarsi dalle problematiche delle città contemporanee, prigioniera della sua tradizione e non perdeva l’occasione per porre domande di fondo sul suo ruolo. Il XXIII Congresso che si tenne a Napoli sembra echeggiare queste preoccupazioni nel suo titolo: “Il progresso della città contemporanea: domanda sociale, politiche, piani”.

Il Congresso si pose in un momento di svolta in cui il paese affrontava la fase di deindustrializzazione e il governo del territorio, sebbene delegato, in forma concorrente, alle regioni, riceveva degli stimoli di cambiamento da parte del Ministero attraverso programmi integrati di recupero e politiche urbane. L’INU voleva confrontare questi impulsi con la propria proposta di riforma del processo di pianificazione e si concentrava sul progetto della città contemporanea: tema che dominerà molto delle sue attività per i due decenni successivi. Questo tema generale si sviluppò in tre sessioni, ciascuna preparata da vari seminari: il piano come strumento, il piano come riferimento, il piano come contratto sociale. L’ultimo fu coordinato da Mangoni riflettendovi convinzioni ed approcci coi quali aveva lavorato nell’Istituto dove aveva messo a disposizione la sua sensibilità per i mutamenti del contesto a partire dall’accelerazione del cambiamento sociale con la conseguente esigenza di porre attenzione ai tempi del piano ed alla flessibilità per far fronte alle condizioni d’incertezza, richiamando l’approccio strategico con diretto riferimento agli attori ed ai beneficiari dei progetti. Avvertendo l’incremento della segmentazione sociale postulava un impegno nella progettazione degli spazi e nella morfologia urbana che evitasse l’emarginazione a trasfondesse un senso di sicurezza negli spazi pubblici. Interveniva nel dibattito sulla città bella richiamando i fattori identitari. Sembra toccare ancora di più la sua esperienza diretta la proposta d’equilibrio tra competizione e cooperazione perché, secondo questa formula, riusciva a coniugare l’impegno per lo sviluppo economico fondato sul marketing territoriale e le strategie di valorizzazione delle potenzialità locali con la costruzione di reti e filiere ma ancora di più con l’impegno etico di equità sociale e territoriale come base del rafforzamento dell’economia locale.

Questa linea di lavoro è rimasta impressa nella nostra organizzazione che ha continuato a lavorare per adeguare la pianificazione ai mutamenti della città e del territorio osservando e stimolando il legislatore da una parte e dall’altra sia facendo tesoro delle esperienze della professione e dell’amministrazione sia esplorando il mondo della ricerca. Quando proposi di tenere un congresso scientifico periodico (che Roberto Gerundo volle chiamare Giornata di Studi) trovai in Fabrizio un appoggio convinto. Così i semi gettati all’inizio del secondo millennio sono germogliati e portati alla crescita attuale fino a quando la Giornata non ha assunto un carattere internazionale per volere di Marichela Sepe.

Salutiamo Fabrizio con la gratitudine per quello che ci ha donato e con l’impegno a continuare sul solco del suo insegnamento.