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Bologna Città 30, una scelta di visione

25/01/2024

Valentina Orioli, assessora al Comune di Bologna che tra le deleghe detiene quella alla Città 30, derubrica l’attenzione degli ultimi giorni determinata dalle critiche del ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini a “una grande polemica, che in realtà non fa altro che evidenziare che quanto stiamo facendo è utile e necessario. Tante città in Italia hanno sviluppato esperienze che vanno nella nostra stessa direzione”.

Qualche giorno fa l’avvio del limite di trenta chilometri orari in molte zone del cuore del capoluogo emiliano, un insieme coordinato di azioni che rientrano appunto nella filosofia della Città 30, ha innescato la dichiarazione del ministro Salvini che ha preannunciato una direttiva in qualche modo di contrasto. Ne sono stati resi noti i contenuti: nelle città il limite di velocità resta a cinquanta chilometri orari, salvo deroghe verso il basso o l’altro motivate, per singole strade o tratti, da “determinate condizioni oggettive”. Il dialogo rimane aperto, anche perché è falso e fuorviante sostenere che a Bologna il limite dei trenta chilometri orari sia stato introdotto ovunque. La stessa Orioli ribadisce: “Siamo disponibili a un confronto nel merito. Il nostro percorso di peculiare ha la volontà di lanciare un’idea diversa di mobilità in città. Abbiamo scelto di parlare esplicitamente di città 30, di lanciare un piano che vogliamo attuare con gradualità. Si tratta di azioni esplicitate già nel programma di mandato del sindaco e nel PUMS del 2019, precedute da una campagna dal basso. I primi provvedimenti e i primi laboratori risalgono al 2022. Niente di improvviso, quindi, piuttosto un piano complessivo che racconta della trasformazione della città, diverso dalle altre città che si limitano a istituire zone 30”.

I contenuti, spiega l’assessora, discendono “da una visione precisa, basata sul potenziamento del trasporto pubblico, sull’irrobustimento della rete ciclabile, su un’idea di strada condivisa. Si punta a definire nello spazio stradale condizioni di sicurezza, determinata questa dall’attenzione reciproca, per difendere gli utenti deboli. Il nostro è un approccio in cui tutte le componenti della mobilità sono un rapporto di equilibrio, adottato su basi oggettive e scientifiche”.

Il legame con la rigenerazione urbana è evidente, sottolinea Orioli: “E’ una fase in cui la città colma il gap tra urbanistica e mobilità, grazie anche alla disponibilità risorse ingenti. La mobilità sta diventando una delle leve della rigenerazione urbana. Esempi sono il progetto del tram che si porta dietro un’estesa riqualificazione nelle parti di città coinvolta e la scelta di ancorare lo sviluppo urbanistico alla presenza di reti di trasporto pubblico”.

Vittorio Emanuele Bianchi, presidente della sezione Emilia-Romagna dell’Istituto Nazionale di Urbanistica, ricorda che il piano bolognese “non mette tutte le strade a 30 all’ora, ma va a distinguere le strade in relazione a qualità urbana e sicurezza dei pedoni. E’ un piano articolato che tiene conto di una strategia stradale e di riqualificazione dell’intera città e che va nella direzione di coniugare rigenerazione urbana e sicurezza stradale. Prevede una fase sperimentale che consentirà di mettere a punto ulteriori elementi. Va ricordato che la possibilità o meno di introdurre l’approccio della Città 30 è legata alle differenze dei contesti e alla forma e alla qualità degli spazi. Una città nata dagli anni Cinquanta è diversa da una città storica”.

 

Andrea Scarchilli – Ufficio stampa Istituto Nazionale di Urbanistica