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Alluvione Sardegna, l'Inu: "Gli errori siano insegnamento, il Ppr Cappellacci va ritirato"

24/11/2013

Si invoca, giustamente, un cambio di rotta nelle scelte di governo del territorio, si reclama una maggiore consapevolezza e attenzione nella difesa del suolo. L’Istituto Nazionale di Urbanistica ritiene che un primo e necessario gesto per invertire la marcia è fare in modo che il Ppr Cappellacci venga ritirato. Sarebbe solo la prima di una lunga serie di scelte necessarie – a cominciare dal divieto di realizzare piani interrati nelle piane alluvionali fino alla messa a disposizione di maggiore risorse per la messa in sicurezza del territorio – ma l’Inu la ritiene indispensabile. Come si può altrimenti essere coerenti con quanto predicato in questi giorni, dalle istituzioni nazionali fino a quelle locali? 

Non basta invocare genericamente interventi e finanziamenti per la difesa del suolo. Occorre anche mettere a frutto immediatamente, dove possibile, gli insegnamenti che derivano da catastrofi come quella sarda. Molto si è discusso del piano paesaggistico regionale messo a punto dalla Giunta regionale guidata da Ugo Cappellacci, lo stesso presidente della Giunta è entrato direttamente nella polemica reclamando la presunta mancanza di connessione tra le alluvioni e le sue scelte in materia di governo del territorio.

L’Inu, già da prima degli ultimi eventi, si batte in sede regionale, assieme ad altre associazioni, contro gli errori e le miopie del Ppr Cappellacci. Gli ultimi fatti, purtroppo, confermano la giustezza della battaglia, e smentiscono le tesi di Cappellacci. E’ chiaro che il Ppr non ha influito direttamente sulla tragedia, non essendo ancora approvato in via definitiva e non avendo quindi dispiegato i suoi effetti. Però va detto che scelte e disposizioni di governo del territorio come quelle contenute del provvedimento aumenterebbero la possibilità di ripetizione di eventi di questo tipo. Basti pensare che il nuovo Ppr consente di edificare nelle zone agricole in lotti dalla superficie minima di un ettaro. La soglia attualmente in vigore è pari a tre ettari. Un’irresponsabile moltiplicazione di cubature nelle zone agricole non farebbe altro che togliere ulteriore permeabilità ai suoli e spazio ai corsi d’acqua, con le possibili e drammatiche conseguenze che abbiamo imparato a conoscere. Il Ppr, inoltre, non dispone la tutela dei corsi di tutte le acque dichiarate pubbliche, in cui è vietato edificare entro una distanza pari a 150 metri dalla sponda, ma solo di quelle identificate nel piano. Inoltre, non si vedono raccordi con la pianificazione di bacino. Anche in questo caso la conseguenza sarebbe un aumento del rischio idrogeologico per il territorio sardo.

Per informazioni
Andrea Scarchilli
Ufficio stampa Istituto Nazionale di Urbanistica
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