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In ricordo di Luigi Mazza. Il contributo di Umberto Janin Rivolin

19/05/2023

Dopo quella redatto da Gabriele Pasqui pubblichiamo il ricordo di Luigi Mazza firmato da Umberto Janin Rivolin, che sarà disponibile anche su Urbanistica Informazioni. 

 

L’impegno di Luigi Mazza per un sapere tecnico consapevole

Umberto Janin Rivolin, Politecnico di Torino

 

 

Luigi Mazza – affettuosamente Gigi per amici e colleghi – è stato una figura centrale permanente nel mio percorso accademico e personale. La nostra interazione è stata però particolarmente intensa in tre momenti, dai quali ho capito ogni volta qualcosa in più del suo impegno per un sapere tecnico consapevole.

Il primo momento risale alla metà degli anni Ottanta, quando ero studente di Gigi, che accettò di essere il relatore della mia tesi di laurea (allora a ciclo unico). In quegli anni era preside a Torino ed era impegnato, insieme a illustri colleghi internazionali, nella fondazione dell’Association of European Schools of Planning (AESOP). Ero irresistibilmente incuriosito da quell’autorevole professore che, mentre stava fondando la rivista Planning Theory, iniziava il suo corso di Teoria della pianificazione affermando che “una teoria della pianificazione non esiste, la pianificazione è anzitutto una pratica”. Ciò che intendeva – mi ci è voluto un po’ per capirlo – è che le teorie hanno senso solo se migliorano le pratiche sociali, il che è particolarmente vero per le materie tecniche. Per la tesi mi propose di applicare a un caso concreto la sua allora recente idea di distinguere in modo esplicito le diverse componenti dei piani territoriali: inventari, riconoscimenti, obiettivi, politiche formali, politiche territoriali e politiche simboliche. L’articolo di riferimento, “Giustificazione ed autonomia degli elementi del piano”, pubblicato su Urbanistica (Mazza, 1986), era volto ad accrescere la comprensibilità del piano e, pertanto, la responsabilità sociale degli urbanisti.

Qualche anno dopo il dottorato, a metà degli anni Novanta, mi è capitato di collaborare con Gigi come assistente di campo quando gli è stato affidato il piano di riorganizzazione urbana e riconversione produttiva dell’area industriale “Cogne” ad Aosta, la mia città natale. Ricordo i numerosi sopralluoghi e le lunghe riunioni con il comitato di monitoraggio che fungeva da collegamento con il committente, l’ente regionale. Oltre alla realizzazione del piano, di quell’esperienza resta agli atti l’articolata narrazione intitolata “Esercizi di piano” (Mazza, 2002). Le conclusioni di quel libro (in cui ho avuto il compito, non facile ma estremamente istruttivo, di cercare di tradurre il pensiero di Gigi in forma diagrammatica), mostrano che la sua preoccupazione era concentrata sulle conoscenze tecniche necessarie per una funzione autonoma e non generica del pianificatore: “Sembra, in conclusione, di dover suggerire che la relativa povertà del nostro linguaggio tecnico e le difficoltà che incontriamo ad arricchirlo, sviluppando la conoscenza delle relazioni tra forme spaziali e relazioni sociali, siano le ragioni per cui [ci improvvisiamo] attori e scienziati politici” (ibid.: 245-6).

Ho avuto, infine, il privilegio di essere co-autore di Gigi una decina di anni fa quando, insieme a Luca Gaeta (altro suo ex-allievo), abbiamo lavorato alla prima edizione del manuale didattico “Governo del territorio e pianificazione spaziale” (Gaeta et al., 2013). Gigi stava allora preparando quello che sarebbe stato il suo ultimo lavoro, “Spazio e cittadinanza” / Planning and Citizenship (Mazza, 2015, 2016), e il tema delle inevitabili responsabilità del planner nel disegno della cittadinanza, più che di semplici luoghi, ha fatalmente impregnato anche il nostro progetto formativo. Abbiamo così convenuto di evitare di ricorrere al termine “urbanistica”, se non per contestualizzare le ragioni storiche e culturali del sapere tecnico nel nostro paese. L’assunto è che le denominazioni nazionali originarie del nostro sapere – lo stesso vale per town and country planning nel Regno Unito, urbanisme in Francia, ecc. – abbiano finito, negli sconvolgimenti del secolo scorso, per coprire ambiti di conoscenze e discipline talmente vasti da far perdere ogni reale chiarezza su dove finisca il campo tecnico della pianificazione. Gigi suggeriva di utilizzare, al posto, due termini interconnessi che trasmettono più efficacemente le funzioni politiche e tecniche dell’ordinamento dello spazio: come recita il titolo del manuale, governo del territorio e pianificazione spaziale. Il governo del territorio è il processo decisionale politico attraverso il quale si compiono le scelte sull’ordinamento dello spazio, cioè la definizione e il controllo degli usi del suolo. La pianificazione spaziale è la principale tecnica a disposizione e a supporto del governo del territorio. La distinzione tra governo del territorio e pianificazione spaziale è dunque indispensabile a separare, nell’insegnamento, due pratiche che hanno caratteristiche diverse e presentano problemi formativi differenti.

Per quanto riguarda la pratica della pianificazione, Gigi era fermamente convinto che la zonizzazione, cioè regolare gli usi del suolo segnando i confini sulle mappe, sia il punto di partenza più solido per la formazione tecnica dei planner, indipendentemente dal paese e dalla cultura di appartenenza. La zonizzazione non va però affrontata in modo univoco, poiché si tratta di una tecnica flessibile che deve essere adattata a obiettivi e situazioni specifiche. È invece fondamentale che gli studenti imparino a distinguere tra l’uso emancipatorio dei confini e il loro possibile uso per fini segregativi o discriminatori. Gigi riteneva, in breve, che le implicazioni etiche della zonizzazione debbano fare parte integrante della formazione degli studenti, poiché la sola conoscenza tecnica non esime i pianificatori dalla loro responsabilità sociale. Detto questo, ribadiva che, in ogni caso, le politiche (territoriali) non possono essere il “nucleo” tecnico della pianificazione spaziale. Sono utili, semmai, per capire che gli obiettivi e gli effetti politici della pianificazione non sono mai assoluti, ma sempre interconnessi con le caratteristiche e gli obiettivi del sistema di governo del territorio in cui la conoscenza tecnica viene applicata.

In definitiva, Luigi Mazza si era convinto che, poiché la pianificazione spaziale contribuisce al disegno della cittadinanza, i cittadini confusi o diffidenti nei confronti della pianificazione siano anche il risultato di una formazione non sufficientemente mirata o selettiva dei pianificatori. Ed è soprattutto questo che ha cercato di migliorare finché ne ha avuto modo.

 

Riferimenti

 

Gaeta L., Janin Rivolin U., Mazza L. (2013), Governo del territorio e pianificazione spaziale. 1a ed. (3° ed. 2021), Novara: Città Studi / De Agostini Scuola.

Mazza L. (1986), Giustificazione ed autonomia degli elementi di piano. Urbanistica, 82, 56-63.

Mazza L. (ed.) (2002), Esercizi di piano. L’area industriale Cogne ad Aosta. Milano: Franco Angeli.

Mazza L. (2015), Spazio e cittadinanza. Roma: Donzelli.

Mazza L. (2016), Planning and Citizenship. London and New York: Routledge.