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Le misure di Firenze contro gli affitti brevi, la voce di INU Toscana e di Ancsa: “Occorre norma nazionale e nuovo movimento culturale”

07/06/2023

Fanno discutere le scelte del Comune di Firenze contro i cosiddetti affitti brevi. In attesa di una norma nazionale richiesta in realtà da molto tempo, il sindaco Dario Nardella ha annunciato misure per disincentivarli e tentare così di favorire un ritorno alle locazioni “classiche”. Nel nuovo piano regolatore sarà inserito un divieto, valido per il centro storico e non retroattivo, di utilizzare immobili residenziali per nuovi Airbnb. Si farà inoltre uso della leva fiscale: i proprietari di seconde case che passeranno all’affitto lungo non pagheranno l’Imu per tre anni.

Camilla Cerrina Feroni, presidente della sezione Toscana dell’Istituto Nazionale di Urbanistica, lo ritiene “un tentativo coraggioso di affrontare una dinamica che è diventata dirompente, in assenza di norme e di disposizioni di rango nazionale. Il Comune di Firenze si fa carico di un problema che è ormai molto rilevante per la vita dei cittadini. L’approccio è condivisibile anche se in realtà non so quanto si riuscirà a incidere attraverso lo strumento urbanistico, ma se i Comuni sono lasciati da soli a fronteggiare problemi enormi come l’overtourism e la crisi abitativa non possono che fare ricorso ai mezzi di cui dispongono, ovvero l’urbanistica e la leva fiscale”.

Cerrina Feroni, sottolineando la necessità di una norma nazionale “che pur agendo sul versante delle autorizzazioni avrebbe comunque effetti anche sulla sfera urbanistica”, elenca le possibili controindicazioni del tentativo fiorentino: il rischio di un riverbero sulle aree limitrofe al centro storico; un effetto rendita, che potrebbe essere determinato dal mantenimento delle autorizzazioni in essere, ma è evidente che difficilmente si poteva fare in modo diverso; la mancata distinzione tra operatori, ovvero tra i singoli proprietari e le organizzazioni e le agenzie che gestiscono le abitazioni.

Filippo Mario Stirati, presidente dell’Associazione nazionale centri storico artistici e sindaco di Gubbio, appoggia l’iniziativa del collega Nardella: “Il suo tentativo di recuperare per i Comuni una certa capacità di intervento nel guidare le politiche per i centri storici, ed evitare che diventino monofunzionali, lo apprezzo da anni. Non è un intendimento dirigistico nel senso bieco, c’è il positivo intento di non volere assistere in modo impotente a fenomeni che alterano la fisionomia e la storia. Tenere assieme residenza, artigianato, attività di pregio, deve rientrare in una nostra facoltà di incidere come sindaci, altrimenti l’involuzione rischia di snaturare le nostre città storiche”.

Sulle misure scelte nel capoluogo toscano, il presidente dell’Ancsa si pronuncia definendole “tentativi lodevoli, mi auguro siano anche efficaci. C’è una chiara indicazione a favore della residenza. Io per fortuna vivo in un centro storico che l’ha mantenuta in modo significativo. I processi degenerativi vanno evitati, e il compito di un’associazione come la nostra e di altre come l’INU deve essere quella di costruire soluzioni”.

Che dovrebbero passare anche per una legge nazionale. Nel disegno di legge su cui si è aperto il dibattito anche Stirati come molti ravvisa “eccessiva timidezza, ci vuole più coraggio direi in senso generale. Il confronto deve essere più vasto. Il concetto di centro storico, con tutte le sue peculiarità e le sue esigenze, sta scomparendo dal confronto pubblico e dalla produzione legislativa. Occorre ripartire dai fondamentali”.

Il presidente dell’Ancsa vede al riguardo i presupposti per un movimento simile a quello che nel 1960, sfociando nella Carta di Gubbio, diede linfa alle basi culturali della tutela delle città storiche: “Non è immaginabile che il tema sia lasciato a una minoranza, deve attraversare il mondo intellettuale. L’Italia è il Paese dei centri storici, si tratta di un’originalità materiale e sociale, è una questione da rilanciare nei dibattiti nazionali ed europei. Il nostro Paese può diventare un faro. Ci vuole coraggio e spessore da parte delle classi dirigenti, non è solo un problema del Parlamento e del governo ma anche della società civile, del mondo economico”.

 

 


Andrea Scarchilli – Ufficio stampa Istituto Nazionale di Urbanistica