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L’esperienza del recupero dei beni confiscati alla mafia, nuova linfa per i territori

17/07/2020

La repressione non costituisce l’unico aspetto vitale per la lotta alle mafie. Esiste nel nostro Paese un’ampia e virtuosa attività organizzata che si adopera anche nella fase successiva, facendo leva sul recupero e la gestione dei beni confiscati alle organizzazioni criminali.

In Campania opera Agrorinasce, società consortile con capitale interamente pubblico costituita nel 1998. Ne fanno parte sei Comuni: San Cipriano D’Aversa, Casal di Principe, Casapesenna, San Marcellino, Santa Maria la Fossa, Villa Literno. Tra le principali attività di Agrorinasce c’è il recupero e la gestione dei beni confiscati alla camorra: attualmente sono nella disponibilità della società 158 beni confiscati alla camorra di cui 143 finanziati con fondi della Regione Campania, del Ministero dell’Interno, di molte altre istituzioni pubbliche, della Fondazione con il SUD, della Fondazione Vodafone, di Agrorinasce stessa, dei Comuni soci e delle cooperative. Costituisce un esempio particolarmente rappresentativo il caso del complesso agricolo “La Balzana” (nella fotografia di apertura uno scorcio), confiscato nell’ambito del processo Spartacus 1. Dopo la confisca gli uffici dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC) hanno richiesto la manifestazione d’interesse al Comune di S. Maria La Fossa per l’assegnazione definitiva. La procedura si è conclusa nell'aprile del 2019, con l'assegnazione in concessione ad Agrorinasce per 25 anni. E’ il più grande complesso agricolo in Campania, tra i maggiori in Italia, a testimoniare la capacità di espansione della camorra. Agrorinasce sta realizzando alla Balzana il “Parco agroalimentare dei prodotti tipici della Campania”, concentrando nel borgo e nei 200 ettari di terreno agricolo circostanti tutte le produzioni tipiche campane (grano, pomodori, allevamento di bufale, prodotti ortivi, ortofrutticoli, vigneti ecc..), le attività di trasformazione e la loro commercializzazione, fino alla ristorazione con interventi collegati anche al settore turistico. Accanto alle attività produttive si intende recuperare le 10 ville bifamiliari e altri immobili ad uso civile, al fine di consentire il sorgere di una comunità residente (costituita per lo più da una parte dei dipendenti che operano nelle diverse attività produttive), la succursale dell’istituto agrario, già autorizzata nella vicina Casal di Principe (che opererà in sinergia con il nascente Dipartimento di Agraria dell’Università della Campania e il Dipartimento di Agraria della Federico II), centri per la formazione professionale, attività ricettive e commerciali per il turismo rurale, lo sport e altro ancora.

Giovanni Allucci, presidente di Agrorinasce, definisce quello della Balzana “il progetto più importante di recupero dei beni confiscati in tutto il Paese, che vale un finanziamento di 30 milioni, di cui 15 milioni già stanziati dal CIPE lo scorso anno. Genera un impatto importante sul territorio di termini di investimenti e occupazione, e ritengo che questo aspetto, sebbene fondamentale, rappresenti solo una parte dei vantaggi: il progetto può produrre un cambiamento che può essere letto anche da altri punti di vista, penso a quelli ambientale, sociale, e anche di rafforzamento della legalità. Si dà infatti un segnale che è vitale, che va colto insieme alle tante istituzioni pubbliche che vi stanno collaborando a cominciare dall'Agenzia per la Coesione Territoriale, il cui ruolo come Autorità di Gestione è fondamentale”.  La specificità dei percorsi delle organizzazioni che lavorano al recupero e alla gestione dei beni confiscati alla mafia è a ben vedere proprio questa caratteristica, ovvero l’unione degli aspetti che riguardano lo sviluppo e la creazione di opportunità economiche e la diffusione dei principi e dei valori del rispetto della legalità, in senso lato, quindi facendo riferimento anche alle tematiche ambientali.

Quella del consorzio di Comuni “Sviluppo e Legalità” è un’iniziativa che da quasi venti anni si sta realizzando in provincia di Palermo, nel Corleonese. Il Consorzio nasce su iniziativa della Prefettura di Palermo nel maggio 2000 quando, in seguito della confisca da parte dello Stato italiano di beni immobili appartenuti al clan dei corleonesi, e affidati ai Comuni di Corleone, San Giuseppe Jato, San Cipirello, Piana degli Albanesi, Monreale, (a cui si sono aggiunti in seguito i comuni di Altofonte, Camporeale, Roccamena), le amministrazioni hanno deciso di intraprendere l’iniziativa di gestione di quel patrimonio in modo produttivo e a fini sociali. Il Consorzio ha messo in produzione l’importante quantità di 900 ettari di terreni agricoli confiscati alla mafia, dando il via ad attività tra cui  l’Agriturismo “Portella della Ginestra” con un annesso centro ippico, l’Agriturismo “Terre di Corleone”, la Cantina Centopassi, il “Giardino della memoria” , sorto nel luogo in cui l’11 gennaio 1996, dopo 779 giorni di prigionia, il piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del collaboratore di giustizia Santo, venne strangolato e disciolto nell’acido nitrico. Sulle strutture produttive e sui terreni del consorzio lavorano circa cento persone, e si è arrivati alla significativa cifra complessiva di fatturato di cinque milioni di euro annui.

Il direttore del consorzio, Lucio Guarino, la definisce “un’attività finalizzata a ripristinare condizioni di democrazia nei territori attraverso il riuso sociale dei beni confiscati. L’obiettivo strategico è recuperare legalità attraverso occasioni per i giovani disoccupati, che si sono riuniti in cooperative. Scopo ultimo è ridare dignità e credibilità a un territorio conosciuto per avere dato natali a personaggi come Riina e Provenzano. Si tratta anche di marketing territoriale, puntiamo a un’immagine nuova che sia contraddistinta dalla legalità”.



Andrea Scarchilli - Uffico stampa Istituto Nazionale di Urbanistica