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Garantire il diritto alla città: sabato 18 luglio la diretta dell'evento INU sugli standard urbanistici. Intervista a Carolina Giaimo

16/07/2020

“Garantire il diritto alla città. Tra competenze ministeriali e locali, lo spazio pubblico degli standard urbanistici per ripartire” è il titolo del dibattito che si terrà sabato 18 luglio, in diretta dalle 10.30 sulla pagina Facebook e sul sito web dell’Istituto Nazionale di Urbanistica.

E’ un passaggio molto importante dell’azione dell’INU al servizio del Paese e del dibattito in corso sull’emergenza: a maggio 2020 è stato presentato dall’INU un articolato documento di proposte per il rilancio, che è stato discusso, in un altro evento in diretta web, dal presidente Michele Talia assieme al sottosegretario Roberto Morassut, al portavoce di ASviS Enrico Giovannini, al sociologo Mauro Magatti.

In coerenza con quel lavoro di proposta e confronto, l’evento di sabato 18 luglio si concentra sul tema dei servizi pubblici e degli standard, un argomento specifico fortemente connesso alla necessità, e all’opportunità, di ripensare la disciplina e le azioni per la rigenerazione urbana e territoriale e il rinnovamento delle nostre città.

Si legge nella presentazione dell’evento del 18 luglio: “Gli standard urbanistici sono un aspetto assai rilevante per il rilancio del sistema-Italia, riguardano i bisogni concreti e fondamentali dei cittadini ma sono ancorati a un Decreto del 1968, quando le città crescevano in termini quantitativi e si aveva poca sensibilità ai temi della sostenibilità complessa dello sviluppo. Le evidenze dell’emergenza determinate dalla pandemia richiedono di riprendere il ragionamento ed il lavoro su quel dispositivo che, nel 1968, fu bandiera dell’impegno democratico e riformista per il miglioramento delle condizioni di vivibilità delle città italiane e che oggi necessita di essere confermato nel profilo di garanzia dei diritti ma innovato sul piano tecnico e del governo del territorio”.

Carolina Giaimo è la coordinatrice della Community istituita - sin dal 2016 - per approfondire il tema della necessaria innovazione e attualizzazione degli standard urbanistici alle evidenze e condizioni della città contemporanea; assieme a Silvia Viviani, Luigi Pingitore, Guido Baschenis e Marcello Capucci ha lavorato al Gruppo di lavoro istituito nel 2018 presso il MIT per la revisione del DI 1444/68.

L’evento di sabato rappresenta uno snodo decisivo delle attività che la Community dell’INU intende sviluppare. Giaimo ha risposto ad alcune domande. 

Come immagina un percorso di rinnovamento del DI 1444, su quali basi l’INU auspica che si compia?

Naturalmente è un percorso non facile. Assai articolato e complesso, perché deve per prima cosa confrontarsi con uno scenario istituzionale nel frattempo mutato, rispetto al 1968. Dall’entrata n vigore del Dpr 616/1977 i territori del Paese hanno sempre più perso forma e organizzazione in relazione alle specificità dei dispositivi normativi regionali e oggi le Regioni sono impegnate con competenza concorrente con lo Stato sulla materia del governo del territorio, cui certamente si riferisce il tema degli standard.

Fra i tanti nodi da sciogliere del Decreto del '68, va definitivamente affrontato quello relativo al superamento della concezione quantitativa degli standard. Nella città contemporanea si pone con evidenza, oltre che con problematicità gestionali, il tema della capacità dei servizi pubblici di assicurare e conseguire prestazioni di qualità. Ne è esempio tipico il verde urbano che nell’approccio tradizionale è trattato come elemento di fruizione, arredo e di ricreazione e che oggi richiede che se ne riconosca la funzione strategica nella cornice delle politiche di sostenibilità per il Green New Deal, a partire dalle azioni volte ad affrontare le fragilità urbane ambientali, sociali ed economiche.

Per il rilancio del Paese sono necessarie adeguate politiche pubbliche di welfare, da territorializzare - non solo, ma soprattutto - sul suolo pubblico. In tale senso gli standard urbanistici costituiscono un patrimonio in termini di capitale fisso territoriale a garanzia dei diritti della collettività per la messa in pratica del sistema del welfare, che – non va dimenticato – si propone di fornire e garantire diritti e servizi sociali, quali in primis assistenza sanitaria e istruzione pubblica, accesso alle risorse culturali e naturali, previdenza sociale (assistenza d’invalidità e di vecchiaia), difesa dell’ambiente naturale.

Se pensiamo, ad esempio, alle aree a verde, gioco e sport, ai parchi e alle dotazioni ambientali si evince con facilità che su essi si configura oggi un nuovo spazio di lavoro entro cui reinterpretare il ruolo del suolo pubblico in relazione non solo alle possibili sinergie con quello privato ma soprattutto in rapporto alle attrezzature sanitarie per sostenere politiche e progettualità pubbliche in grado di rispondere alle complesse sfide poste dal Covid 19, a partire dalle azioni di “distanziamento”.

La crisi determinata dalla pandemia lo ha reso più urgente la ripesa di un lavoro attorno al DI 1444? Perché?

Le città, ove si concentrano i 2/3 della popolazione nazionale, hanno visto e provato i loro limiti, la loro scarsa attitudine ed organizzazione di resilienza.

Le situazioni determinatesi con l’epidemia, la pandemia, la gravissima crisi sanitaria, il lungo lockdown, hanno messo tutti, in particolare la società urbana, di fronte a comportamenti, riduzioni e limiti quasi sconosciuti. Da un lato si sono colte, come non mai, le conseguenze della mancanza di accesso libero allo spazio pubblico ed ai suoi servizi e ciò specularmente alla inadeguatezza ed improprietà dello spazio privato e delle sue diseguaglianze fisiche ed economico-sociali. E’ emersa, con tutta evidenza, l’importanza quantitativa e qualitativa dello spazio dei servizi pubblici come essenza della vivibilità delle città, hardware e software indispensabili per il lavoro, l’interazione sociale, il welfare.

Gli strumenti per la ripresa post pandemia dovranno favorire una natura “anti-fragile” dell’azione progettuale pubblica, ovvero in grado di saper cambiare a fronte di fattori di stress esterni al fine di adattarsi. Ed in tal senso il suolo delle dotazioni pubbliche è un ottimo banco di prova su cui sperimentare la definizione di quella componente insediativa cui assegnare il compito di garantire prestazioni minime, fondamentali per il funzionamento del sistema urbano (o delle sue subarticolazioni).

Ecco perchè è centrale ed urgente lavorare su dotazioni e prestazioni “certe” di spazio e città pubblica, se l’obiettivo da conseguire è la rigenerazione delle città.