Stefano Salata
29/06/2020
Abbiamo consumato suolo, frammentato gli ecosistemi a scala planetaria. Siamo venuti a contatto con specie selvatiche che non trovano più spazio. Poi abbiamo trasportato i prodotti in ogni dove del mondo. Poi abbiamo sacrificato colture, cicli e sistemi legati ad una tradizione agricola millenaria per venderci all’intensivo.
E ad oggi, in Italia, di suolo agricolo per produrre cibo ne rimane talmente poco che se il covid ci costringesse a chiudere le frontiere dell’importazione, forse, non saremmo nemmeno in grado di produrre di quanto necessitiamo.
Che il covid sia l’effetto delle nostre scellerate azioni a scala planetaria non mi pare ci siano dubbi. Più difficile, invece, è dimostrare che il virus abbia interessato le aree del Paese più massacrate, più impermeabilizzate, più frammentate, quelle dove la qualità dell’aria è più bassa. Se ne sente parlare ad ogni modo, percui ho deciso di guardare meglio ai dati. È una cosa banale, sia chiaro. Perché di dati ce n’è pochi, e sono numeri malcontati.
Emanuela Casti e Fulvio Adobati
Emanuela Casti e Fulvio Adobati
Simone Ombuen