Sessione 7 - Politiche per ridurre il consumo di suolo

DiscussantA. Arcidiacono
CoordinatoreArturo Lanzani

Negli ultimi anni il tema del consumo di suolo, inteso come fenomeno di antropizzazione di terreni agricoli e naturali, è entrato ampiamente nel dibattito disciplinare e culturale del nostro paese.
Le strategie messe in pratica in altri paesi europei dimostrano con evidenza come un’azione efficace di contenimento dei processi di urbanizzazione richieda un approccio integrato, capace di combinare forme di controllo e di regolazione degli usi del suolo (che includono progetti di “green belt”, vincoli ambientali, corridoi ecologici, etc), con azioni di mitigazione, compensazione ecologica e monitoraggio degli impatti generati dalle trasformazioni. Ma soprattutto è sempre più diffusa l’applicazione di dispositivi di natura fiscale capaci di incidere nei processi di urbanizzazione attraverso un’apprezzabile riduzione dei margini di convenienza nella trasformazione dei suoli liberi.
Un approccio regolativo rimane senz’altro necessario. Politiche di limitazione del consumo di suolo non possono rinunciare a definire, attraverso la pianificazione urbanistica e territoriale limiti fisici alle nuove espansioni. Disciplina degli usi del suolo e definizione di vincoli ambientali sono attrezzi consolidati dell’azione urbanistica.
Un nodo assai critico dell’attuale ordinamento del governo del territorio riguarda il rapporto tra consumo di suolo, scale e confini della pianificazione locale. Il livello comunale costituisce la dimensione amministrativa dove si depositano le principali responsabilità di pianificazione, e di conseguenza dove si producono le maggiori ricadute sul consumo di suolo. Una scala evidentemente sempre meno adatta, soprattutto nei contesti metropolizzati della città contemporanea, ad affrontare temi quali la programmazione e il progetto infrastrutturale o la pianificazione dei sistemi agricoli e ambientali o la tutela delle connessioni ecologiche, che non rispettano di certo le limitazioni geografiche dei confini amministrativi. Si aggiunga che in questi ultimi anni la “competizione” territoriale tra municipalità contermini è stata una delle cause più rilevanti dei processi di urbanizzazione dei suoli, causando una paradossale proliferazione di concentrazioni insediative (commerciali, logistiche ma anche residenziali) in situazioni di prossimità territoriale. La dimensione strutturale/strategica del piano può avere coerenza di quadro di riferimento territoriale solo se praticata ad una scala sovralocale, che annulli le ridotte e frammentate geografie amministrative comunali; non solo per l’oggettiva irrilevanza dimensionale di molti comuni ma soprattutto per gli impatti che previsioni infrastrutturali e insediative determinano sul suolo , ben oltre i limitati confini amministrativi comunali.
Nelle proposte di legge attualmente in discussione ancora marginali sono le politiche sulla fiscalità urbanistica, che può invece rappresentare un sostegno strutturale alla limitazione delle previsioni urbanizzative.
Il nodo più complesso rimane infine quello della rigenerazione urbana. Qualunque strategia si voglia privilegiare è ormai condivisa la necessità di intrecciare azioni di limitazione al consumo di suoli liberi con politiche di sostegno alla rigenerazione e riqualificazione della città esistente, che riguardino non solo gli interventi di riuso del patrimonio edilizio dismesso e sottoutilizzato, ma anche diffusamente quelli in ambiti urbani consolidati dove le condizioni di performance energetica e di sostenibilità sociale e abitativa sono critiche. Probabilmente uno stimolo importante può venire ancora da meccanismi di incentivazione edificatoria, comunque da valutare in relazione alla sostenibilità ambientale, morfologica e sociale degli impatti di una eventuale densificazione.