Sessione 6 - Politiche per la città diffusa

CoordinatoreM. Piazzini
Discussant: Carlo Gasparrini

I temi che dovrebbero essere al centro della discussione sono:
– L’approfondimento della definizione di “città diffusa” e dei suoi caratteri salienti: evaporazione/annullamento della separazione fra “urbano” ed “extraurbano, pervasività degli spazi aperti in un contesto insediativo che va riconosciuto, comunque, come urbano nonostante coinvolga una inedita dimensione territoriale; vanno anche approfondite distinzioni e contaminazioni rispetto ad altri termini oggi correntemente usati come, ad esempio: “città policentrica” e “città metropolitana”; poiché, inoltre, esistono tante e diverse “città diffuse” servirebbe un – sia pur sommario – “screening tipologico” almeno per il territorio italiano.
– La necessità di costruire e consolidare un nuovo “sapere progettuale” adeguato alle dimensioni territoriali ed alla qualità del fenomeno “città diffusa”; questa esigenza si evidenzia perfino sul piano lessicale, dove tra “progetto urbano” e “progetto di territorio” non disponiamo di un termine univoco idoneo a descrivere una prassi progettuale che richiede di agire non solo su più fattori e più funzioni ma anche su più scale contemporaneamente; alla cultura professionale è richiesto un cambio di mentalità che può essere schematizzato col passaggio dal “progettare la città diffusa” al “progettare nella città diffusa” (anche il progetto dovrebbe assumere al suo interno l’evaporazione / annullamento del limite che un tempo separava il “dentro la città” dal “fuori dalla città”).
– La connnessione (o riconnessione) di quello che oggi è frammentato è uno dei concetti – guida a cui si dovrebbero ispirare gli interventi sulla città diffusa, partendo dalle relazioni che si stabiliscono fra pratiche d’uso degli abitanti e valori dello spazio e tenendo conto che l’attraversamento è l’attività che sintetizza la complessità della città diffusa, dove con l’attraversamento l’abitante ricompone in se stesso quella complessità urbana che non si trova più nei singoli frammenti insediativi. Connessione non significa soltanto abolizione delle barriere fisiche che attualmente separano i diversi frammenti, ma anche integrare (se necessario anche riprogettare) funzioni diverse ed, in particolare le attività agricole nel nuovo contesto; significa, inoltre, utilizzare l’avvento e la diffusione delle nuove tecnologie come opportunità straordinaria per ridurre i disagi determinati dall’uso allargato del territorio (da “smart city a “smart land”). Tutte azioni pienamente compatibili con la conclamata esigenza di evitare consumi di suolo per ulteriori usi edificatori.
– L’esigenza di agire attraverso nuovi strumenti (che siano anche processuali e dinamici) fondati sul potenziamento delle sinergie che possono derivare da un insieme coordinato di azioni che investano accanto all’edilizia, alle infrastrutture, all’organizzazione della mobilità e delle reti tecnologiche ed alla dislocazione delle funzioni, anche la bonifica dei suoli e delle acque, la copertura vegetale e le trasformazioni del paesaggio (rigenerazione del territorio) e che assumano al loro interno anche le azioni orientate allo sviluppo delle economie compatibili, tramite la pratica di veri e propri piani di sviluppo locale (dalle attività agricole, ai servizi privati, alle PMI), per non citare le azioni rivolte ad incidere in modo diretto sulle problematiche sociali.
– Il “bisogno di governance” che si esprime nella “città diffusa” stimola la ricerca di soluzioni innovative non solo per quanto concerne la strumentazione tecnico-disciplinare ed investe direttamente il piano degli assetti istituzionali (ad esempio: come organizzare una “governance” intercomunale “a geometria variabile” per le trasformazioni del territorio): è un tema particolarmente attuale alla luce del dibattito in corso intorno alla riforma degli organi di governo del territorio (vedasi L. 8.4.2014 n. 56 che incentiva le aggregazioni di comuni).