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Due Urbanisti alla Costituente

Urbanisti alla Costituente
Redazionale – 1946

L’Istituto nazionale di urbanistica è lieto di porgere le sue felicitazioni più vive e il più sentito saluto augurale ai Membri Effettivi Dott. Ing. Arch. Mario Pucci e Dott. Ing. Arch. Florestano Di Fausto, eletti deputati all’Assemblea Costituente.

Nella vasta opera che la Costituente è chiamata a compiere per dare al Paese la sua nuova costituzione è lecito sperare che anche l’urbanistica trovi finalmente, come da tempo e avvenuto in altre nazioni, non sempre più progredite della nostra, un sano lungimirante ordinamento che valga a sanare le ferite della guerra, ad assicurare la ripresa di una metodica attività costruttiva e a consentire alla nostra patria di attingere il livello di vita civile cui ha pieno ed urgente diritto.

Fonte:

Urbanistica, nn. 2-3, 1946, p. 1

Si deve anche alla loro azione l’introduzione della materia “urbanistica” nell’art. 117 della Costituzione, anche se poi non entrarono a far parte della cosiddetta «Commissione dei 75», cioè di quelle personalità incaricate di stendere il testo generale della Costituzione da discutere e approvare definitivamente in Assemblea. Sarà, forse, questa assenza che spiega il perché né nella  «Commissione dei 75», né nella sottocommissione «Organizzazione costituzionale dello Stato» si discuta dei contenuti reali che la materia urbanistica avrebbe dovuto avere nella pratica concreta delle amministrazioni locali repubblicane. Secondo Nicola Pignatelli (Il “governo del territorio” nella giurisprudenza costituzionale: la recessività della materia, Giappichelli, Torino 2012, pp. 11-12) «L’urbanistica fu tra quelle materie su cui calò il silenzio dei Costituenti, analogamente ad altre di competenza concorrente per le quali si ritenne di non fornire alcuna specificazione concettuale (circoscrizioni comunali, polizia locale urbana e rurale, musei e biblioteche di enti locali, cave e torbiere, caccia, pesca nelle acque interne), una diversa sorte ebbero altre materie, sulle quali si manifestò una maggiore attenzione, quali l’ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti dalla Regione, fiere e mercati, beneficenza pubblica e assistenza sanitaria e ospedaliera, istruzione artigiana e professionale e assistenza scolastica, tramvie e linee automobilistiche d’interesse regionale, viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale, navigazione e porti lacuali, agricoltura e foreste».

Sembra quasi incredibile ma il “dibattito” in Sottocommissione si limitò a queste poche battute: «Presidente (Umberto Terracini, nda): invita la sottocommissione ad esprimere il suo parere relativamente all’urbanistica. Gustavo Fabbri (avvocato, Gruppo Misto, nda): Ha l’impressione che l’urbanistica concerna quasi esclusivamente la competenza degli enti locali. Tomaso Perassi (professore di diritto internazionale, Gruppo Repubblicano, Segretario della Sottocommissione, nda): Chiarisce che i piani regolatori debbono essere approvati con legge e quindi è logico affermare la competenza legislativa della Regione. Presidente: Pone ai voti l’inclusione nell’art. 3 di questa materia. È approvata».

Due soli interventi a cui corrispondono due gravi errori: «Come è chiaro, esistendo la legge del 1942 non è vero che i piani regolatori erano approvati con legge. In secondo luogo, non è vero che la competenza per l’urbanistica riguardi “quasi esclusivamente” gli interessi degli enti locali, perché già nella legge del 1942 era previsto il piano territoriale, che trascende il piano puramente locale, e nel 1947, quando si discutevano questi argomenti, gli urbanisti erano già convinti che i problemi urbanistici hanno dimensione non semplicemente locale, ma regionale o nazionale» (L. Mazzarolli, I piani regolatori nella teoria giuridica della pianificazione, Cedam, Padova 1962, p. 334).
Errore in parte “spiegabile” dalla giovane età della legge del 1942, emanata in piena guerra e, di fatto, rimasta inapplicata. E tale sarà fino al 1954, per effetto dell’entrata in vigore del Decreto legislativo Luogotenenziale del 1° marzo 1945 n. 154, che introduce nel sistema normativo italiano i piani di ricostruzione degli abitati danneggiati dalla guerra (quasi tutte le città e i più importanti comuni), che di fatto porta ad un “blocco” della legge del 1942 (della quale non verrà mai emanato il regolamento di attuazione) che rientra in gioco solo nel 1954, quando il Ministero dei Lavori pubblici pubblica il primo elenco dei Comuni italiani obbligati a dotarsi di un Piano Regolatore Comunale.
Errore comunque grave per l’Assemblea Costituente, dove erano presenti diverse personalità e professionalità di assoluto rilievo, che ha portato nella pratica concreta a generare un doppio livello di attenzione giuridica, amministrativa e dottrinale della materia: non avendone definito il significato in ambito di discussione costituzionale la materia ha finito per coincidere con i dettami della legge del 1942, come una fonte di rango primario, da una parte; dall’altro quello di adeguare e correggere quanto emergeva dalle pratiche e dalle leggi a valle che intersecavano la materia – successivamente – per interpretare i principi costituzionali del 1948 intersecandoli con la legge urbanistica nazionale del 1942. Da questo doppio livello (sistema Stato-Comuni) non siamo ancora usciti, nonostante l’entrata in vigore dell’ente Regione dal 1970/1972, perché nel frattempo nessuna legge di principio è stata mai emanata da allora, e il doppio livello ha solo cambiato perimetro (da sistema Stato-Comuni a sistema Regioni-Comuni). E ciò nonostante i numerosi Congressi e Convegni dell’Istituto nazionale di urbanistica che, del superamento di questo paradosso, ha fatto una delle principali azioni di ricerca e proposte, fin dalla sua riorganizzazione repubblicana nel 1949.

Fonte:

  1. De Luca, “La figura del ‘regionale’ e la questione urbanistica in Italia”, in M. Giudice, a cura di, Luci e ombre della pianificazione regionale, Inu Edizioni, Roma 2019, pp. 167-185

Biografie:



Mario Alberto Pucci (Modena, 22 gennaio 1902 – Modena, 12 agosto 1979) è stato un architetto e politico italiano.

Compiuti gli studi classici a Modena, si laurea in ingegneria all’Università di Bologna e in architettura all’Università di Roma. Agli inizi degli anni quaranta si lega ai gruppi dell’avanguardia neorazionalista di Milano.

Antifascista, è membro del Comitato di Liberazione Nazionale clandestino di Modena. Nel 1945 si iscrive al Partito Comunista Italiano e nel 1946 è eletto per la prima volta nel consiglio comunale di Modena, e lo sarà successivamente fino al 1970. Assessore dello stesso comune dal 1946 al 1963 nelle amministrazioni di Alfeo Corassori, è stato uno dei principali artefici della politica di ricostruzione della città e “progettista” del suo futuro assetto urbanistico. Gli si debbono la guida della progettazione del primo Piano Regolatore, del mercato bestiame, della stazione delle autocorriere e del primo villaggio artigiano, nonché la progettazione di diversi edifici pubblici e privati testimonianza del neorazionalismo a Modena.

È consulente dell’amministrazione comunale di Genova per la redazione del primo Piano Regolatore Generale della città (adottato nel 1956, approvato nel 1959) e per il Piano Particolareggiato dell’area di Piccapietra (1953) ed è progettista di alcuni edifici residenziali nel comune di Rapallo. In precedenza, nel 1930, sempre a Genova, aveva partecipato al concorso per il piano regolatore delle zone centrali della città, aggiudicandosi il terzo premio con il progetto contraddistinto dal motto “Antonio Usodimare” ed elaborato da un gruppo composto, oltre che da Pucci, da Enrico Griffini e Piero Bottoni.

Il 2 giugno 1946 viene eletto all’Assemblea Costituente per il PCI nel XIV collegio (Pr-Mo-Pc-Re) con 25.154 preferenze. È poi senatore nelle prime due legislature repubblicane, eletto in Emilia-Romagna nel collegio di Carpi.



Florestano Di Fausto (Rocca Canterano, 16 luglio 1890 – Roma, 11 gennaio 1965) è stato un ingegnere, architetto e politico italiano. È stato deputato all’Assemblea Costituente, e deputato alla Camera nella I legislatura.

Come architetto è stato protagonista incontrastato della scena architettonica libica.

Tra i suoi progetti si ricordano:

–          L’Arco dei Fileni, un arco che fu costruito sulla Via Balbia al confine tra Tripolitania e Cirenaica nell’allora Libia italiana; opera celebrativa della strada litoranea libica

–          il Grande Albergo delle Rose (oggi Grande albergo delle Rose Casinò Rodos), a Rodi nel Dodecaneso, costruito insieme con Michele Platania tra il 1925 e il 1927, che unisce elementi dell’architettura tipica coloniale dell’oriente e elementi decò

–          la Cattedrale di Rodi costruita in stile neogotico nel 1924-1925 a Rodi nel Dodecaneso

–          la palazzina della delegazione, eretta nel 1926 a Castelrosso nel Dodecaneso

–          Predappio Nuova del 1926

–          la villa di Beniamino Gigli in contrada Montarice a Recanati

–          la scenografia del film Il re si diverte

–          la Centrale del latte di Pescara costruita nel 1932, realizzata dall’impresa Staccioli su progetto di Di Fausto.